Un meccanismo dannoso che ci porta a vivere non a pieno. Provando purtroppo ad agire solo a metà, ma abbandonando poi ogni volta, o troppo di frequente e troppo presto, senza portare realmente a termine nulla. In due parole la “mania di lasciare le cose a mezzo”di iniziarle ma poi lasciarle a metà. A tutti è capitato, e non si tratta di un vero problema se è accaduto qualche volta. Ma lo diventa se si tratta di una strategia utilizzata troppo spesso o addirittura dell’unica strategia possibile.Finire ciò che si inizia un elemento necessario.Finire ciò che si inizia è importante non è affatto qualcosa di secondario, ma al contrario è fondamentale ed è anche ciò che da davvero senso a quello che facciamo. Finire ciò che si inizia è l’unico vero modo per mettersi davvero in gioco, e poter quindi raccogliere dei risultati positivi e soddisfacenti. Lasciare le cose a metà invece significa innanzitutto non mettersi in gioco del tutto, e di conseguenza non ottenerne alcuna soddisfazione concreta. Lasciare le cose a metà significa provare solo un po’.Lasciare le cose in sospeso è indice di poca convinzione, poco impegno, a volte di paure ed insicurezze, che non ci consentono di andare fino in fondo. Proviamo a fare qualche esempio. Se voglio avere un giardino curato tutto l’anno dovrò essere disposto ad andare fino in fondo, servirà a poco lasciare le cose in sospeso. Se voglio farmi conoscere dalle persone, dovrò mettermi davvero in gioco Se voglio costruire qualcosa di nuovo ad esempio un’attività, un progetto, dovrò provarci davvero, e non mollare troppo presto altrimenti non potrò mai sapere come andrà a finire, né raccogliere dei veri risultati. Dobbiamo all’inizio insistere fare leva sulla pazienza, sulla capacità di gestire l’impulso di evitare o mollare alle prime difficoltà, la perseveranza e la resistenza, la gestione dei pensieri e delle emozioni che inevitabilmente si innescheranno mentre proviamo a fare qualcosa, tra cui ad esempio la frustrazione. Tutte risorse che colui che è abituato a lasciare le cose a metà non conosce e non è abituato ad utilizzare. E proprio per questo motivo risultano essere deboli o quasi inesistenti. Lavorando seriamente su tali aspetti, è possibile fare davvero molto ed iniziare un ottimo processo di cambiamento. Correndo il rischio come conseguenza di poter accedere ad una migliore e più piacevole qualità di vita. Non è importante da dove parti, tu continua a provarci, e prima o poi scoprirai di essere più competente di quanto pensi”.Con il giusto impegno, voglia di mettersi in gioco, tutto può cambiare.
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Scatti di rabbia per piccole cose
Se chi amate vi ferisce, vi delude o non vi comprende, la reazione a volte, può essere quella di un’esplosione di rabbia. Nella maggior parte dei casi, la rabbia è dovuta a una sofferenza mal gestita, però non bisogna aver paura di ammettere che una precisa cosa fa star male, anzi questo potrebbe essere il primo passo per trovare un equilibrio. Ammettere di soffrire o di rimanerci male per una cosa, per alcune persone può essere sintomo di debolezza che viene nascosto dietro ad una crisi di rabbia che esplode per qualsiasi cosa: un messaggio mancato, un ritardo ad un appuntamento per un caffè, un vaso che si rompe,o altre piccolezze del genere. Queste energiche e improvvise crisi di collera sono caratterizzate da reazioni eccessive rispetto all’episodio e tendono inevitabilmente a distruggere l’altra persona e il rapporto con questa. Nonostante le apparenze, questi episodi di rabbia rivelano una profonda angoscia interiore. Sono proprio le persone che esplodono in attacchi di ira incontrollata per sciocchezze, le più sensibili e spaventate dalla perdita, dal rifiuto e dall’abbandono. Analizzando con lucidità uno scatto d’ira, possiamo renderci conto che a ferire, non è stato l’evento in sé quanto più l’interpretazione personale. Quando si ha paura, si tende a pensare sempre in maniera negativa e pessimistica pensando dunque che, tutto quello che gli altri fanno, si ritorcerà contro di noi. A volte però basterebbe ammettere di aver paura e di essere spaventati piuttosto che esplodere in un attacco di rabbia improvviso. Questo modo di fare infatti, a lungo andare, può creare problemi e rotture anche all’interno delle relazioni più solide. Banalmente, prima di esplodere in una reazione eccessiva, dovreste imparare a contare fino a dieci, e prendersi quel tempo per analizzare l’episodio con lucidità. Una sciocchezza fatta da una persona, magari per distrazione o per poca attenzione, a noi può sembrare una mancanza di rispetto o un tradimento. Piuttosto che esplodere però analizzate la situazione e poi parlatene con l’altra persona, se vi ama, sarà pronta a rassicurarvi e a darvi tutte le spiegazioni di cui necessitate.
Onestà una grande dote
Dopo sei anni di fidanzamento, una giovane ragazza di nome Casey stava per convolare a nozze. La sera prima del matrimonio, però, è successa una di quelle cose che in genere si pensa accadano solo nei film. Non è così, a volte è la realtà. Il telefono di Casey ha iniziato a vibrare e ricevere messaggi da un numero sconosciuto: tutte le schermate contenevano una serie di immagini e alla fine una semplice frase. “Non lo sposerei. Tu lo farai?”. Le immagini ritraevano tutta una serie di conversazioni molto spinte tra Alex il suo fidanzato e una donna. Non solo. Tra le immagini erano allegati anche diversi selfie della coppia. Ovviamente lei non sapeva che fare: il matrimonio ci sarebbe stato poche ore dopo, come annullarlo? A quel punto a Casey è venuta in mente un’idea. L’unica soluzione possibile.Il giorno dopo, Casey si è presentata in chiesa. Ha camminato lungo la navata col suo abito da sposa, consapevole che quello che doveva essere il coronamento del suo sogno era solo una grande farsa. Alex era lì e la guardava, ignaro di quello che sarebbe accaduto di lì a pochi secondi. «Oggi non ci saranno matrimoni ha iniziato Casey Sembra che Alex non sia quello che pensavo fosse». Ha tirato fuori il telefono e ha iniziato a leggere ad alta voce i messaggi ricevuti la sera prima. «Mi manchi tanto, non riesco a smettere di pensarti. Non ho mai avuto questo tipo di rapporto prima. Il tuo corpo è incredibile e sai come usarlo. Vorrei che la mia fidanzata avesse la metà della tua bravura». A quel punto, la coraggiosa sposa si è girata verso il suo pubblico, mentre Alex usciva in silenzio dalla chiesa. «Vi amo tutti, e per quanto sia orribile, sono felice che siate qui. Oggi non ci sarà una festa di nozze, ma celebreremo l’onestà, la ricerca del vero amore e l’ascolto del proprio cuore, anche se fa male». Quel giorno E è stato lo stesso il giorno più bello nella vita di Casey.
La solitudine una condizione di libertà
La solitudine è da sempre vista con un occhio diffidente ma non è affatto una condizione negativa. Scegliere di passare del tempo da soli non significa essere soli, tutto il contrario. Chi di noi non ha mai desiderato un momento di pace e silenzio tutto per sé? E’ successo a tutti, ma quasi sempre accade per “guarire” un certo tipo di situazione. Stiamo soli per pensare, per riflettere, per sbollire la rabbia, per non farci vedere piangere dagli altri. Insomma: oggi, se si sceglie di stare da soli, non è quasi mai per il semplice gusto di godersi la propria compagnia. Una persona che sceglie di mangiare al ristorante da sola, di guardare un film al cinema in solitaria o, più semplicemente, di passeggiare lungo mare da sola è subito etichettato come strano. Perché? Cosa c’è di strano nel voler passare un po’ di tempo in compagnia di sé stessi? È l’università di Dublino che lo conferma: uno studio ha evidenziato infatti che le persone che amano trascorrere con regolarità del tempo da sole sono coloro che hanno maggiore autostima, che sviluppano una migliore creatività e sono più empatiche e attente alle emozioni degli altri. Stando da sole, infatti, si riflette sulla propria persona, ci si conosce e si lavora, inconsciamente, sulla formazione del nostro. Si diventa persone più sensibili, attente e premurose ai bisogni altrui proprio perché abituate a prendersi cura di sé e ad amarsi. La verità è che le persone strane non sono quelle che hanno bisogno di avere dei momenti in solitudine ma quelli che, al contrario, non riescono a rimanere da sole. Non bisogna considerare la solitudine come una malattia e non bisogna vederla con timore o paura: paura di rimanere sole, di deludere gli amici, di mollare i contatti o di allontanare gli amori. Nessuno vi giudicherà se una sera non uscirete per rimanere a casa in solitudine, questa vostra “pausa” vi renderà anzi più socievoli ed empatici la volta successiva. Non sentitevi in colpa se amate trascorrere del tempo solo per voi: ricordatevi che siete l’unica persona con cui passerete tutta la vita. Uscite fuori, godetevi il cielo azzurro distese in giardino su di una amaca, sorseggiando una fresca bibita, guardatevi un bel film al cinema con i pop-corn taglia maxi e andate a letto felici di aver avuto un appuntamento galante con voi stesse.
Perché proviamo emozioni?
Le emozioni di base hanno scopi di adattamento molto semplici ma importanti per la nostra sopravvivenza. Per quanto riguarda le emozioni piacevoli gioia, felicità ecc., si può affermare che la descrizione precisa di un’emozione positiva ha la funzione di rafforzare i legami affettivi e sentimentali con le altre persone. Gli scienziati che si occupano di emozioni da poco hanno ribadito la centralità dell’esperienza emotiva quale “canale comunicativo” agevolato nei rapporti con gli altri. La funzione adattiva delle emozioni spiacevoli o dolorose paura, rabbia, tristezza ecc., invece, sembra essere quella di “avvisarci” e di descrivere situazioni da noi interpretabili come ostili anche dal punto di vista psicologico oltre che fisico e quindi di comportarci di conseguenza ad esempio la reazione di paura di fronte ad un pericolo permette di reagire prontamente per evitarlo. Le emozioni sono esperienze che le persone evocano con grande frequenza sia per comunicarle ad altri, sia per riflettere fra sé e sé. Infatti, le informazioni più importanti che comunichiamo scambi comunicativi con amici, partner figli ecc. sono le esperienze emotive associate agli eventi che raccontiamo. L’emozione è dunque una esperienza intensa e passeggera che diventa un’occasione per prendere contatto con gli altri in vari modi.
Vivere bene le emozioni
Per vivere bene con le nostre emozioni, per poterle gestire e quando necessario controllare dobbiamo prima di tutto imparare a identificarle e accettarle. Non serve a niente dirsi “non voglio essere arrabbiato” se la rabbia sta ormai serpeggiando dentro di noi, e non serve neppure chiudere gli occhi di fronte a una passione se questa ormai ha messo seme in noi e ci sta trainando dove vuole lei. E poi? E poi l’emozione va vissuta, non c’è via di scampo. Quello che può cambiare è il ritmo, il tempo e lo spazio che vogliamo dare all’esperienza. Se un’emozione è piacevole non c’è nessun problema a lasciarsi avvolgere e trasportare e durerà finché durerà. Spesso poco, perché le emozioni sono intense ma se vissute si dissolvono rapidamente. Ci sono invece emozioni che se ignorate e represse o, al contrario, espresse senza alcun freno, possono fare male, a se stessi e agli altri. Sono emozioni più difficili da gestire, come la rabbia, la paura, l’ansia che richiedono un metodo che permetta di far fronte al loro sorgere. Il metodo è semplice parte dal presupposto che un’emozione va scaricata, sempre e comunque ma i modi di scaricarla sono tre: diretto, indiretto e sublimato. Un moto di irritazione scaricato senza deviazioni si traduce in un attacco, fisico o verbale, nei confronti di chi ha causato l’irritazione; se, invece, la scarica è indiretta, l’aggressione sarà rivolta verso terzi, come quando l’impiegato frustrato urla a casa con la moglie. Ma la forma che lascia più spazio e libertà d’azione è la esaltazione, cioè la trasformazione dell’emozione in “forza lavoro” che può essere scaricata in tantissimi modi diversi: correndo, urlando, prendendo a pugni un cuscino, camminando all’aria aperta, parlando con l’amico del cuore, ballando a suon di musica, scrivendo una lettera con tutti gli insulti e offese che si vorrebbero dire ,senza però mandarla, e così via. Imparando a costruire un buon rapporto con le proprie emozioni cioè dando loro dignità di realtà e modalità di espressione, si potranno evitare i danni dei due possibili estremi, da una parte la inibizione, quindi “aridità” e dall’ altra l’espressione incontrollata, quindi “alluvione”. E si potranno trasformare le volubili e mutevoli colorazioni del nostro animo non in una croce da subire, ma in una ricchezza da gustare.
Perché proviamo emozioni?
Le emozioni di base hanno scopi di adattamento molto semplici ma importanti per la nostra sopravvivenza. Per quanto riguarda le emozioni piacevoli gioia, felicità ecc., si può affermare che la descrizione particolareggiata di un’emozione positiva ha la funzione di rafforzare i legami affettivi con le altre persone. Gli studiosi che si occupano di emozioni recentemente hanno ribadito la centralità dell’esperienza emotiva quale “canale comunicativo” privilegiato nei rapporti con gli altri.La funzione adattiva delle emozioni spiacevoli o dolorose paura, rabbia, tristezza ecc., invece, sembra essere quella di “avvisarci” e di descrivere situazioni da noi interpretabili come minacciose anche dal punto di vista psicologico oltre che fisico e quindi di comportarci di conseguenza ad esempio la reazione di paura di fronte ad un pericolo bambino piccolo si avvicina al fuoco o a una pentola di acqua permette di reagire prontamente per evitarlo.Le emozioni sono esperienze che le persone evocano con grande frequenza sia per comunicarle ad altri, sia per rimuginarle fra sé e sé. Infatti, le informazioni più importanti che comunichiamo con amici, familiari,o anche il parrucchiere piuttosto che il dottore che ci cura ecc. sono le esperienze emotive associate agli eventi che raccontiamo.L’emozione è dunque una esperienza intensa e passeggera che diventa un’occasione per prendere contatto con gli altri in vari modi.
Disegnare agisce sul cervello
In generale disegnare, dipingere e realizzare oggetti a mano modellando la creta sono attività particolarmente indicate per stimolare le funzioni cognitive, ridurre lo stress e renderci felici. Non temete se non siete provetti pittori, si tratta di attività che potete fare anche se la vostra capacità artistica equivale a quella di un bambino piccolo, perché nessuno vi valuterà, lo potete fare soltanto per voi stessi. E i benefici saranno evidenti, in particolare per il vostro cervello. Ecco sette cambiamenti che accadono dentro di noi semplicemente disegnando. Stimola la creatività, anche se ci sembra di non averne. Come in tutte le cose è la pratica a renderci bravi o a farci migliorare. Quindi lavorare sulla nostra capacità di immaginare non può fare altro che aumentare la nostra creatività. Rende più forti dal punto di vista psicologico. Forse perché, disegno dopo disegno, diventiamo più consapevoli e capaci di trovare nell’arte un eccellente alleato e una valvola di sfogo dalle emozioni. È ormai assodato che chi fa arte visiva riesce a reagire in maniera più energica e propositiva alle avversità. Felicità assicurata, infatti il disegno spesso viene utilizzato anche come sostegno per chi soffre di lievi stati di depressione. Forse perché aiuta a incontrare una parte molto nascosta di noi stessi e a tirare fuori quello che fa soffrire. Fa bene alla memoria. Non solo cibo ricco di fosforo, ma anche dedicarsi a un’attività artistica allena le nostre capacità cognitive. Inoltre, è risaputo che, ad esempio, realizzare mappe concettuali come dei grafici colorati ci aiuta nel tenere a mente le cose. Tutto ciò che è disegnato si ricorda meglio. Combatte l’ansia a colpi di disegni e colori, oppure manipolazione. Dedicarsi a un’attività artistica ci fa concentrare e fa allontanare la mente da quei meccanismi che ci portano sensazioni sgradevoli di stress e agitazione. È un po’ come meditare, ma con una matita in mano. Aiuta quando si sta male. Anche in questo caso non si tratta di magia, ma soltanto di distrarre e allontanare la mente da una sensazione dolorosa o di malessere, per farla concentrare su come realizzare al meglio il nostro progetto. Ancora più concentrati grazie al disegno: dedicarsi a questa attività migliora la memoria, ma anche la nostra capacità di essere totalmente presenti in quello che stiamo facendo, riuscendo così a trarne il meglio.
Da una passione travolgente a un pianto a dirotto il sex blues
Capita così… una passione travolgente, uno sguardo, un luogo insolito,una sera davanti a un camino scoppiettante scatta la scintilla e ci troviamo travolti da un turbine di emozioni che finiscono in un appassionante rapporto. Di certo un’esperienza sessuale positiva, è naturale quindi essere portati a credere che generi benessere, gioia, serenità. Soprattutto il post rapporto, nella visione comune, è spesso raccontato come una fase di totale rilassatezza, un attimo di piacevole benessere. Una sorta di “effetto automatico” riservato a tutti, che appaga e soddisfa non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello mentale. Eppure non è sempre così. Perché può accadere che dopo aver fatto l’amore si viva un momento di stress emotivo, chiamato comunemente “blues post sesso. Questo fenomeno indica quelle sensazioni inspiegabili di tristezza, irritabilità, ansia e malinconia, spesso accompagnate da una irrefrenabile voglia di piangere. Può anche accadere di provare una forte e incontrollabile bisogno di sentirsi protetti, per cui il contatto o la sua mancanza diventano fondamentali. La Dottoressa Biscione, sessuologa e psicoterapeuta, ci aiuta a capire meglio.Intanto avere un rapporto è comunque un momento psicofisico forte e intenso, in cui i cambiamenti fisiologici influenzano l’emotività, producendo sia benessere sia a volte, se troppo intensi, anche ansia e paura di non saper gestire la carica energetica che lo caratterizza. Può dipendere dal tipo di rapporto che si sta vivendo, il significato che diamo all’atto in quel momento. Ma tanto fa anche come si è arrivati a fare l’amore, con che tipo di predisposizione emotiva, bisogni, tensioni, stress o aspettative. In generale però è il corpo che in questa situazione, con le sensazioni generate dall’atto sessuale, guida tutta l’emotività, scombussolandola inaspettatamente. L’energia sprigionata può trasformarsi, quindi, da molto gratificante e positiva a una bomba di sensazioni che possono destabilizzare o invadere con la loro carica energetica. In quel momento gli input sono molteplici e il risultato può essere un cedere e un lasciarsi sopraffare da sensazioni troppo forti, che trovano nel pianto la più comune reazione. è un rilasciare e scaricare non solo le tensioni muscolari ma anche quelle emotive, che magari non riguardano quel momento o sono trattenute da tempo, e che, in quella sede esplodono tutte insieme”. La vicinanza o la distanza al bisogno emotivo con cui si approccia può fare la differenza. Ma di solito il sex blues può scattare a prescindere dal legame che abbiamo con il partner e riguardare solo noi stessi e il nostro complesso mondo interiore È naturale, non bisogna averne paura, né giudicarlo ma solo accogliere l’emozione che ne deriva. Ovviamente in un rapporto stabile sarà più facile farsi coccolare con un abbraccio rassicurante, senza la paura di sentirsi giudicati da chi non ci conosce abbastanza e potrebbe fraintendere quella reazione. Si è visto, inoltre, che più ci si dedica tempo, ci si decomprime e ci si rilassa prima del rapporto, meno capiterà la disforia”.
L’amore è come una droga
L’amore è come una droga, crea dipendenza. Si sta benissimo finché si può consumare questa sostanza eccitante, che dà energia, ci fa toccare le stelle con un dito e non ci fa sentire la stanchezza. I problemi arrivano quando svanisce: la crisi di astinenza è difficile da superare e il corpo ha un tracollo fisico ed emotivo. A spiegare il fenomeno è l’antropologa Helen Fisher: L’amore romantico è una delle sostanze che crea maggiore dipendenza sulla Terra. È perfetta quando va tutto bene, orrenda se va male. Le sue caratteristiche sono tolleranza, astinenza e infine ricaduta. L’amore romantico fa molto di più di una dose di cocaina: se non altro, l’effetto della cocaina passa; l’amore romantico diventa un’ossessione. Con questa dichiarazione, alquanto preoccupante, possiamo anche intuire come sia “normale” l’aumentare dei casi di stalking. Da un punto di vista biologico, quando siamo innamorati accresce la produzione della dopamina e dell’ossitocina, che sono i neurotrasmettitori della felicità. Funziona così: quando vediamo l’oggetto del nostro amore, queste sostanze accrescono… ovviamente in sua assenza, si manifesta il fenomeno inverso, causando depressione. Come si combatte l’astinenza d’amore? Dovremmo imparare a lasciarci. È solo imparando a riconoscere le proprie risorse e la capacità di avere una relazione autentica e libera che si supera la dipendenza. Talvolta non si riflette sul fatto che a tenere unite due persone è soprattutto la paura di perdersi e non dovrebbe essere così.

