Come cambia il modo di fare shopping

Shopping: se per alcuni si tratta di un’esperienza multisensoriale fatta di vetrine scintillanti, immagini, suoni e profumi, per altri può essere interpretato come un vero motivo di agitazione e stress; la coda nei camerini, commesse indaffarate, musica a tutto volume e lunghe attese per pagare possono diventare un vero incubo, soprattutto in periodi particolarmente frenetici dell’anno, quando i saldi e la corsa all’ultima occasione lasciano poco spazio a educazione e buone maniere. I fan dello shopping per le vie della moda e gli amanti dei sacchetti colmi di acquisti sicuramente non ameranno a pieno il mondo dell’e-commerce: perché allora, nonostante le strade siano piene di cultori delle compere “su strada”, le piattaforme di shopping online sono in costante crescita? Statistiche relative allo shopping online confermano questa interessante ascesa: il fatturato stimato nell’anno 2013 si aggirava già attorno agli 11,2 miliardi di Euro ed è salito vertiginosamente, principalmente nei settori abbigliamento e turismo. Il perché non è da ricercare in una parola chiave ma in un insieme di fattori vincenti che hanno lanciato un trend che non sembra volersi arrestare: quand’è che un consumatore decide di affidarsi a un e-shop, evitando di andare in negozi di fiducia dove potrebbe toccare “ con mano” il prodotto che intende acquistare? Sicuramente una delle variabili da tenere in considerazione riguarda l’ascesa del mondo virtuale e social: chiunque sia in possesso di uno smartphone, di un tablet o di un pc portatile è in grado di avere accesso al mercato globale più grande del mondo, quello di Internet; a causa dei tanti impegni dettati da una routine quotidiana sempre più frenetica il tempo libero da trascorrere tra boutique e vetrine è notevolmente ridotto. Un tipico e-shopper è per esempio il pendolare che, per esigenze lavorative, trascorre circa 2 ore al giorno sui mezzi pubblici: è in arrivo il compleanno della figlia, l’anniversario di matrimonio o semplicemente il cambio degli armadi è imminente e necessita di una svolta primaverile? E’ qui che interviene l’e-commerce: combinando al meglio risorse quali assistenza clienti, logistica, promettendo attenzione ai minimi dettagli riuscendo così a catturare anche il consumatore “su strada” più scettico.

 

Svesti la frutta

Da quando i sacchetti dell’ortofrutta sono diventati a pagamento il mercato dei consumatori si è orientato ad acquistare frutta e verdura confezionata in vaschette di plastica, polistirolo o cartoncino. Forse è sfuggito a molti che anche questi imballaggi sono a carico dei compratori, nonostante il costo non sia “visibile”, ma anzi il confezionato alla fine è un po’ più caro Oltre all’aspetto economico bisogna considerare l’impatto ambientale delle vaschette e del film plastico di copertura che ha un peso notevole. Partendo dal problema della sostenibilità del packaging utilizzato per frutta e verdura, è nata la campagna social “Svesti la Frutta” #svestilafrutta, lanciata dal portale greenMe.it. I promotori si sono chiesti quanto abbia “senso imballare frutta e verdura che già per natura, grazie alla buccia, hanno una loro protezione”, e invitano a lottare in maniera attiva e social contro l’abuso degli imballaggi in plastica. L’obbiettivo è educare l’opinione pubblica, i produttori e i supermercati per favorire un’inversione di tendenza che rispetti l’ambiente e limiti gli sprechi.Partecipare alla campagna “Svesti la Frutta” è molto semplice. Ogni qualvolta il consumatore si trovi davanti a un prodotto imballato in maniera assurda e senza senso una mela, una banana, un’arancia etc..) può scattare una foto e caricala sui social Facebook, Twitter, Instagram usando l’hashtag #svestilafrutta, taggando @greenMe_it e inserendo anche il nome del supermercato o del negozio. Il problema della plastica (oggi tra l’altro è la giornata mondiale dell’ambiente) è già un’emergenza, come ricordano in molti, e purtroppo,si prevede che entro il 2050, nei mari nuoteranno più bottiglie che pesci.

 

Cappuccini supercolorati e super apprezzati

Un ottimo cappuccino, con una crema setosa e priva di bolle, magari decorato con un “tulip” o una “rosetta” in latte art, è sicuramente uno dei punti di forza sul quale puntare se si vuole costruire una caffetteria di successo. Ma come ampliare la nostra offerta stuzzicando la curiosità o venendo incontro alle richieste e i bisogni dei nostri clienti Se dei cappuccini preparati con latte di Soya, Mandorla, Avena, senza lattosio sono sicuramente alternative interessanti al latte vaccino che possono catturare una fascia di clientela che punta alla qualità delle bevande con un occhio alla linea e ad eventuali intolleranze, l’utilizzo di coloranti alimentari quelli che vengono usati per colorare la pasta di zucchero per il cake design può catturare l’attenzione di un’altra fetta di clientela più giovane e “social”, ma anche dei bambini. Naturalmente dei latte colorati, tendenza food sempre più presente sui social. Possiamo dire che, in un certo senso, il precursore sia stato il latte di unicorno, che ha conquistato i palati dei newyorkesi. Da lì al diffondersi di altre varianti colorate, il passo è stato breve. Tra i latte colorati più belli troviamo quello al carbone vegetale, quello verde al the matcha, la versione viola a base di patate viola, il particolare latte alla curcuma e ultimo  ma non meno importante il latte blu al the matcha.E’ possibile colorare il cappuccino con ingredienti naturali creando delle ricette sane, genuine e piacevoli sia alla vista che al palato.

Cercatori di nuovi sapori

Era stata la volta degli assaggiatori di birra, poi di quelli di cioccolato, ma nel mondo dei food job esiste un altro lavoro dei sogni: il cercatore di sapori. E’ questo infatti che cerca l’azienda Noosa, produttrice di yogurt che si prepara a far parlare molto di sé. Dopo aver sdoganato nel mondo vasetti di yogurt al sapore di pera e cardamomo o mirtilli e serrano, ora si appresta ad aprire le porte del suo mondo a ben cinque nuovi addetti ai lavori con un concorso che si chiuderà il 20 aprile 2018. I requisiti sono molto semplici: essere disposti a viaggiare e avere una gran curiosità e voglia di scoprire cose nuove. Il lavoro consisterà infatti di essere dei veri e propri scopritori di sapori e abbinamenti nuovi, dei cercatori di tesori del gusto da poter poi impiegare nella creazione di nuovi prodotti. Ognuno dei candidati selezionati avrà uno stipendio di 2000 dollari e sarà abbinato a una destinazione e uno scopo ben precisi:  Cina per studiare il rambutan, a Buenos Aires per il vino di Rioja, in Turchia per i pistacchi o in California per le albicocche. Il tutto, accompagnato da uno in Colorado per conoscere gli stabilimenti di produzione Come candidarsi? Per questo lavoro non c’è bisogno di un curriculum vitae, o di sostenere  dei lunghi e articolati colloqui. Quello che l’azienda cerca è il guizzo della fantasia e l’innata capacità di abbinare sapori e consistenze diverse, nel mondo del food: basterà quindi caricare, tramite Twitter, Instagram o l’app del sito, la foto della pietanza che più di tutte rappresenta il proprio yogurt ideale, l’abbinamento perfetto, la ricetta che desiderereste trovare negli scaffali del supermercato e che ancora nessuno ha inventato. Racchiudere, in pratica, in una foto quello che eseguireste nella quotidianità lavorativa e spiegarlo con una legenda spiritosa e accattivante, in linea con lo stile aziendale. Le risposte del mondo di Internet, non sono tardate ad arrivare e cominciano già a riempire i social. Il giudizio? Quattro giurati scelti tra i dirigenti dell’azienda sceglieranno i primi quattro vincitori, adoperando come criteri le didascalie delle foto, l’originalità e l’appetibilità e commerciabilità dei sapori proposti, mentre il quinto sarà votato dalla “fan base” tramite i profili social.

Il camino

L’anno è appena iniziato e questo giro di volta della stagione invernale ci fa già pregustare l’arrivo della primavera, malgrado sappiamo benissimo che sarà ancora lunga, che tante gelate arriveranno ancora e che la neve per qualche altro giorno scenderà su qualcuna delle nostre città. Chi abita in una villetta probabilmente ha già un camino  ma chi abita in appartamento può facilmente trovare delle stufe che ne simulano l’effetto,  di sicuro l’avere un caminetto in inverno fa proprio casa! Il profumo della legna ha un odore molto intenso e che avvisa che l’aria sta per raffreddarsi e che è arrivato il tempo di infagottarsi con cappotti, sciarpa, guanti e cappello per affrontare il freddo per andare a scuola, a lavoro o semplicemente per andare a sbrigare qualche commissione. Che poi il camino, non è solo caldo ma è anche famiglia, intimità, festa, impegno intellettuale e piacere sensoriale! Se c’è un camino acceso una famiglia, all’ora di pranzo o cena ad esempio, avvicina la tavola al camino per poi apparecchiarla e mangiare lì raccolta; è il posto della casa ideale per starvi vicino mentre ad esempio si guarda un film o si ascolta musica, magari col proprio partner se qualcuno vuole perdersi tra le righe di qualche libro, che sia per lavoro, studio o piacere, di sicuro lo scoppiettio dei pezzi di legno tiene buona compagnia; e se si decide di gustare una tazza di cioccolata calda o caldo accompagnati da biscotti sembra che il piacere aumenti con la temperatura fornita dal fuoco. E l’ultimo, ma non per importanza, pregio del camino è anche quello che, una volta acceso e poi si deve uscire, al rientro è la prima fonte di luce che vediamo e che ci chiama per andare a ravvivarlo. Ma è proprio lì il bello del camino:  uscire bisogna uscire ma se c’è un camino che ci aspetta a casa quasi non si vede l’ora di rientrare per riscaldarsi le mani lì davanti Insomma, il camino, è sì bello da soli ma ancor più bello in compagnia: il camino è “social”. Il fuoco, in effetti, ha dato il “la” a una delle prime forme di rete sociale che la storia dell’uomo conosca: pensate semplicemente a quando l’uomo scoprì il fuoco e lo utilizzava per riscaldarsi insieme agli amici e fare le prime “grigliate”.

I social network fanno male o no?

La questione è di quelle ambigue. Tanto che a porsela è perfino Facebook nella sua Internet nella sua newsroom, , in un post di due ricercatori di Menlo Park, David Ginsberg e la psicologa sociale Moira Burke.”Passare tempo sui social midia ci fa male?” si domandano, cercando di capire se le persone che trascorrono molte ore on line li utilizzino in modo importante e positivo oppure se consumino semplicemente status e aggiornamenti banali, togliendo in questo modo tempo prezioso ad amici e familiari. Queste sono domande cruciali per la Silicon Valley e anche per noi, la quale ha studiato l’impatto di Internet sulla vita delle persone per oltre un decennio Citando alcuni studi,  secondo cui i cellulari ridefiniscono le relazioni moderne, rendendoci “soli insieme” e notando un aumento della depressione adolescenziale in funzione dell’uso della tecnologia Ginsberg e Burke cercano di scoprire dove sia la verità sul tema.Per farlo, oltre al bicchiere mezzo vuoto, indicano anche quello mezzo pieno di cui fanno parte le tesi del sociologo Claude Fischer, secondo il quale le affermazioni per cui la tecnologia allontani le persone sono supportate da aneddoti ma ignorano i benefici della tecnologia stessa.Oppure, del mezzo pieno fa parte anche lo studio di Hampton sugli spazi pubblici che suggerisce come le persone trascorrono più tempo in mezzo agli altri ora e che gli smartphone sono usati spesso da persone che passano il tempo da sole. Perché, “non è solo un problema di Facebook ma un problema di Internet”.E per avere le risposte, bisogna farsi le domande. Eccoci, quindi, alla questione centrale: i social media sono buoni o cattivi? Secondo esperti e ricercatori, si tratta ancora una volta di “come” si utilizza la tecnologia.Ad esempio, si legge, “sui social puoi scorrere passivamente post, come a volte si guarda la TV, oppure interagire attivamente con amici e commentare pagine altrui. Proprio come di persona: interagire con qualcuno a cui si tiene può essere utile, mentre osservare gli altri da bordo campo può farti sentire peggio”. Insomma, si tratta di come si utilizzano i social media ad essere il fattore determinante in tema di benessere personale.

Il frappè goloso e i social

Forse in Italia non sono ancora conosciuti, ma è solo questione di tempo: i freakshake, un nuovo tipo di dessert nato in Australia, stanno totalmente spopolando anche negli Stati Uniti e in tutta Europa. Come si può dedurre dal nome, il freakshake è un particolare tipo di milkshake, ma decisamente più “freak”, cioè mostruoso.Avete capito bene: la particolarità di questi frappè australiani sta nel fatto che non si tratta della classica miscela di gelato, latte e frutta fresca che da sempre possiamo ordinare in gelateria, ma di una vera e propria accozzaglia di svariati ingredienti che rendono questa nuova invenzione culinaria tanto gustosa, quanto pesante per il nostro apparato digerente e una minaccia per la nostra linea! Se cerchi alimenti per abbassare la pressione o per combattere i trigliceridi, questo non fa per te! Freakshake: un cibo da social.L’idea del freakshake è venuta ai proprietari di una  pasticceria. Appena aperta l’attività, hanno pensato bene di creare un nuovo tipo di dessert molto colorato e accattivante per attirare da subito nuovi giovani clienti. Già, perché i principali consumatori di questo stravagante frappè hanno come denominatore comune la passione per i social network e per i selfie. Ciò che piace del freakshake non è tanto il gusto, ma l’aspetto stravagante ed originale che lo rende un soggetto perfetto da immortalare su Instragram e altre piattaforme condivise, al punto da essere definito un cibo da social, cioè un cibo perfetto per essere fotografato e condiviso sui social network. I freakshake sono dei veri e proprio frullati mangia-e-bevi, ai quali vengono aggiunti gli ingredienti più disparati: possono essere arricchiti con panna, fette di torta, biscotti, waffle, creme al cioccolato o al caramello, per non parlare di caramelle e marshmallow. Qualsiasi ingrediente va bene, purché sia gustoso, zuccherato e soprattutto contribuisca a rendere il frappè ancora più accattivante. Questo concentrato di zuccheri e grassi non si può certo definire un alimento salutare. Ma le tendenze moda sui social sono molto ….seguite…

PESCE D’APRILE

Siete pronti a seguire la tradizione e attaccare alle spalle di un malcapitato un foglietto con disegnato un pesce o con sopra scritto: Pesce d’aprile? Altrimenti oggi si può festeggiare seguendo la giornata nazionale contro il risvoltino dei pantaloni Tra scherzo e realtà (come sempre, in questi casi) si stanno raccogliendo migliaia di adesioni per un originale appello che gira sul social  Facebook che invita tutti, il primo aprile, a togliere i risvoltini alla gente. Ovvero, quel particolare modo di indossare i jeans arrotolandone la parte finale fin sopra la caviglia stile  “acqua in casa”, Un tuo inchino, con sistemazione dei pantaloni alle vittime, che rimarranno allibite e, in alcuni casi, proveranno a giustificarsi per la scelta stilistica. Comunque vogliate festeggiare…..buon Primo Aprile a Tuttipesced'aprile-thumb