Se lo stomaco vuoto vi trasforma in colleghi o partner intrattabili, vi potrà forse tornare utile sapere che la rabbia da fame non è quasi mai soltanto una questione di “chimica”: al classico calo di zuccheri spesso citato in questi casi, si aggiungono più complesse dinamiche emotive, indagate in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Emotion. Secondo un gruppo di neuroscienziati della North Carolina (USA), all’aggressività da appetito contribuiscono due altre variabili fondamentali: il contesto in cui ci si trova, e la consapevolezza del proprio stato emotivo. «Non è che appena si ha fame si inizi a inveire contro l’Universo», a tutti è capitato prima o poi di avere fame, riconoscere la sensazione sgradevole connessa, afferrare un panino o mangiare un piatto di pasta e sentirsi meglio. Abbiamo trovato che la rabbia da fame si verifica quando si interpreta quella sensazione spiacevole come un’emozione forte connessa ad altre persone, o alla situazione in cui ci si trova». Connessa al contesto, insomma. Non sei tu: non ho ancora fatto colazione… Anche la consapevolezza delle proprie sensazioni corporee sembra influire: chi riconosce di sentirsi affamato, tende anche a cedere meno all’aggressività da fame.
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Le bugie nemiche di noi stessi
E perché lo si fa specialmente con le persone che si amano? Siamo tutti bravi a mentire, ma a nessuno piace essere ingannato. C’è chi mente per un proprio vantaggio personale, chi per coprire un errore, chi magari solo per il piacere di farla franca… Televisione, pubblicità, giornali e persino amici e parenti per non parlare del partner ci mentono di continuo, e la consapevolezza che, chi ti stà a fianco, magari la persona che più ti fidi, e ami, mente, ti colpisce ancor di più al cuore. Indipendentemente dal motivo per cui diciamo una bugia, gli scienziati ritengono che una bugia si componga di due parti: quando mentiamo dobbiamo creare la falsità e anche nascondere la verità. Essere bugiardi dunque richiede un duplice sforzo. Il che, tanto per dire, spiegherebbe perché le persone che mentono impiegano più tempo a rispondere a una domanda. Mentre altri studi ci svelano che secondo uno studio condotto dagli psicologi del dipartimento di comunicazione del Michigan , le persone mentono in media tra una e le due volte al giorno. Tendiamo a dire bugie soprattutto quando siamo sotto pressione e non abbiamo tempo di pensare alle conseguenze del nostro comportamento. Secondo Shaul Shalvi, «Quando le persone devono rispondere in fretta, davanti al capo in ufficio, davanti ad un partner che fa domande incalzanti, tentano di fare tutto il possibile per assicurarsi un profitto, anche se ciò li porta a mentire. Le bugie alleviano e liberano dall’ansia sul momento, ma non a lungo termine.
Ricaricarsi…insieme
Raduna le amiche, c’è un piccolo questionario di inizio estate da fare subito. La mattina fai una fatica mostruosa a svegliarti? Le relazioni con gli altri sono diventate faticose e le pause caffè si sono all’improvviso moltiplicate? Il pomeriggio ti sembra eterno e hai la sensazione di annaspare? Se hai risposto almeno due sì, ci siamo: è tempo di ricaricarsi. Cattive notizie: la forza interiore e la motivazione non sono disponibili in farmacia sotto forma di integratori. C’è solo una cosa da fare: attivarsi. Come? Buone notizie si tratta solo di un piccolo sforzo quotidiano, tutt’altro che sgradito. Dillo a tutte: ritagliarsi un po’ di sacro “io ora” sarà il nuovo mantra dell’estate. La ricetta segreta? Un po’ di cognizione per dare la centratura e il rituale giusto. L’idea è entrare in unione con se stesse. È da qui che parte il nostro speciale per scoprire la routine di gesti e pensieri più adatti a ognuna nel qui e ora. Prima di tutto vediamo cosa occorre: il luogo felice. Lo step cruciale per ritagliarsi il famoso “io ora” è allestire un angolo della casa con degli oggetti che abbiano un valore affettivo come le foto del cuore, le conchiglie del mare raccolte durante la scorsa estate tutto ciò che riporta a piacevoli pensieri e ricordi Ognuno di loro ha un significato speciale. È come un esercizio di meditazione, qualcosa che aiuta a mantenere il giusto distacco e a vedere la giornata da una prospettiva diversa. Una volta individuato il luogo felice, si accendono una candela o un incenso, si aggiungono dei bicchieri, dell’ acqua del vino e ci si concentra sui ricordi, sulle belle sensazioni, si parla, si programma si esprimere gratitudine, si inviano pensieri positivi a una persona che attraversa un momento difficile, ci si aiuta a prendere decisioni e a metabolizzare e accettare le delusioni, si trovano soluzioni condivise che ci aiuteranno ad affrontare meglio il giorno dopo
La solitudine
Per molti di noi stare soli è difficile, è causa di angoscia o sofferenza. Un po’ forse per noia, un po’ per il senso di isolamento e anche perché siamo obbligati a contrapporsi con i nostri pensieri più intimi si vive quel senso di distacco come solitudine e spesso non si sa come fare per affrontare queste sensazioni. Ma c’è differenza tra essere soli e sentirsi soli. Passare del tempo in compagnia di noi stessi soltanto, senza altre persone intorno, è qualcosa di molto diverso dal senso interiore di profonda solitudine, dolorosa e totalizzante. “Si può essere soli e felici, oppure essere soli e sentirsi soli. Dipende dall’idea che tu ti fai dello stare da solo” Dietro alla paura di rimanere da soli, alla fine di una relazione amorosa, dopo un importante litigio con la migliore amica, o la perdita di qualcuno di caro, c’è sicuramente una poca considerazione di se stessi e molto a che fare con le proprie radici. La solitudine è una limitazione naturale dell’essere umano. Ma di per sé non è dolorosa, siamo noi che la viviamo così, spesso perché non riteniamo noi stessi in grado di soddisfare i nostri bisogni e desideri Insomma, non riconosciamo il piacere della nostra compagnia. Crediamo che qualcun’altro possa intrattenerci meglio, alzi la qualità del nostro tempo passato a fare qualsiasi cosa: un film è più divertente con l’amica, la cena è più piacevole se c’è lui, andare a correre è più pesante se non c’è qualcuno con noi. Questo avviene nella nostra testa quando non ci piace stare in compagnia di noi stessi. Abbiamo tutti una cara amica, una collega o una persona della nostra famiglia che è uscita dopo una lunga storia d’amore e ora fatica a stare bene da sola. 10 anni di convivenza, 2 anni di relazione a distanza, non importa quanto, dove e come. Perché avere qualcuno accanto ci dà sicurezza e quando ci viene tolta questa sensazione, ci sentiamo persi, vuoti, soli. Magari infondo siamo proprio noi quell’amica. E se è così lo sappiamo ancora meglio…
Lo stress fa bere di più
Se trascorrerete una cena magari in giardino a casa di amici,che tornano però stressati dal lavoro, è probabile che tendano ad esagerare con l’alcol. Soprattutto se sono maschi. Uomini e donne reagiscono allo stress in modo diverso, e i primi si lasciano andare più facilmente alla bottiglia nelle situazioni che generano ansia. È quanto pubblicato sulla rivista Addiction.Un gruppo di scienziati ,ha trasformato temporaneamente il proprio laboratorio in un bar, dove i soggetti testati potevano ordinare vino o birra a proprio piacere. I volontari, maschi e femmine, divisi in due gruppi, sono stati sottoposti a due compiti di diversi. Metà di loro ha dovuto affrontare un compito alquanto stressante: cancellare la lettera “e” nelle parole di un testo che si faceva sempre più difficile, durante un test in cui venivano inserite sempre più regole e clausole. Al secondo gruppo è stata affidata la versione semplice e meno stressante. Dopo aver affrontato il primo, snervante test, gli uomini hanno bevuto quattro volte di più rispetto alle donne coinvolte nell’esperimento. Al contrario, le ragazze reduci dalla prima, logorante prova hanno bevuto meno Secondo i ricercatori, il glucosio presente nel sangue ha fornito a tutti i partecipanti le energie necessarie ad affrontare i compiti stressanti. Esaurite queste “riserve” naturali, gli uomini non hanno saputo reggere l’autocontrollo e si sono abbandonati a bere qualche bicchiere in più . Non è accaduto altrettanto alle donne, che sarebbero meno inclini al bere, spiegano gli scienziati.Ma per i poveri maschi stressati non tutto è perduto: lo studio ha dimostrato che i partecipanti che tenevano nota del numero di drink bevuti, hanno dimezzato la quantità di alcol assunta rispetto a chi ha perso il conto.
Emozioni e sentimenti
L’emozione è in genere definita come una risposta a uno stimolo che produce cambiamenti fisiologici cuore che batte molto più forte , aumento della temperatura corporea, l’attività di alcune ghiandole, cambiamenti sulla frequenza del respiro, che motivano una persona ad agire. In poche parole, le emozioni sono per la mente, l’equivalente di ciò che le sensazioni fisiche sono per il corpo. La maggior parte dei neuroscienziati distinguono tra la parola “emozione” e “sentimento.” Usano “emozione” per descrivere la risposta del cervello a determinati stimoli, e “sentimento” per descrivere la nostra impressione consapevole di tale risposta. Uno studio su 100 donne, suggerisce una forte correlazione tra l’indossare alcuni vestiti e gli stati emotivi. Secondo gli autori, le donne che sono depresse o tristi hanno più probabilità di indossare top larghi, felpe, o jeans. Le donne che avevano più emozioni positive erano più propense a indossare il loro vestito preferito o gioielli. Rodolf è convinto che per migliorare l’umore «dovremmo dare più importanza a ciò che indossiamo e vestirci come se fossimo felici, a prescindere da come ci sentiamo». I ricercatori hanno scoperto che gli anziani sono di solito più felici, ma per ragioni diverse. I giovani sono felici quando sono eccitati, le persone anziane sono più felici quando sono in pace. Inoltre, le donne tendono a sentirsi più amate degli uomini, ma anche a sentire più il senso di colpa. Gli uomini spesso si sentono più felici, ma più soli. Il momento più felice della giornata? Secondo i ricercatori è l’ora di pranzo ….magari di difronte a un bel piatto di pasta!
I periodi neri
Ci sono nella vita dei momenti nei quali tutto va storto: una simultaneità di contesti avversi, difficoltà e colpi di sfortuna che nell’insieme danno a chi li vive la sensazione di essere dentro a un tunnel da cui non si vede l’uscita. Sono i cosiddetti periodi neri. Quel che è certo è che, per legge di natura, prima o poi terminano. Fortuna e sfortuna si alternano sempre Innanzi tutto bisogna resistere alla tentazione del “pensiero magico”, cioè non dobbiamo attribuire la concatenazione degli eventi sfavorevoli. I periodi neri finiscono sempre Al contrario trovare dei momenti di raccoglimento interiore e chiarire a noi stessi se il periodo nero è figlio di una pura coincidenza di situazioni negative, cosa del tutto possibile, ognuna delle quali esiste in se stessa e non è collegata all’altra se non nella nostra mente; oppure se siamo di fronte a una sorta di “venuta al pettine” di alcuni nodi esistenziali, o all’esito di una serie di atteggiamenti e di relazioni sbagliate che è giunto il momento di cambiare. Bisogna far sì, insomma che il periodo nero non sia solo “pura resistenza”, ma anche un “banco di lavoro” su cui forgiare la nostra personalità. I lamenti? Mai a voce alta. Ogni evento fa storia a sé; Dobbiamo quindi evitare di lamentarci e le frasi pessimistiche tipiche di questi periodi ad esempio: “Non c’è niente che mi vada nel verso giusto”. A volte è difficile non pensarle, ma non dirle è già molto. Spesso per interrompere la sensazione di fatica, può essere utile compiere un’azione dall’elevato valore simbolico. Può essere di tutto: un viaggio in una località di mare, il cambio di un’abitudine, un acquisto speciale, una visita insolita, etc. L’importante è che per noi abbia valore di staccare, di interrompere, di voltare pagina. Pensiamo che spesso i periodi neri, ben sfruttati, anticipano belle rinascite. 
I buoni propositi per l’anno nuovo
Con il Capodanno speranze, sogni e desideri si accavallano in una lista mentale che ci porta a fare il punto di quello che abbiamo raggiunto e degli obiettivi che vogliamo seguire nell’anno nuovo. Se volete realizzare ciò che avete in mente, dovreste considerare l’idea di stilare una lista di buoni propositi che non sia solo mentale, ma messa in nero su bianco. Creare una lista dei sogni scritta infatti vi aiuterà a individuare i vostri obiettivi in modo da non deviare facilmente l’attenzione da essi. Afferrate un foglio per creare una bozza di quella che sarà la lista dei buoni propositi perfetta. Scrivete di getto tutto quello che vorreste realizzare o migliorare nella vostra vita. Guardate i vostri desideri su carta e convincetevi del fatto che, se potete pensarlo, potete anche realizzarlo. Adesso è il momento di concentrassi su quello che vorreste realizzare nel nuovo anno. Potreste, ad esempio, chiedervi quali sono i desideri che potreste realmente coltivare e a quali di questi darete la priorità. Rispondendo a queste domande potrete selezionare i propositi che saranno protagonisti del 2018. Adesso che avete scelto i desideri più importanti da realizzare, create dei sotto obiettivi raggiungibili. Attenzione perché questi dovranno essere reali e concreti, in modo da poterli raggiungere per arrivare, a piccoli passi, al vostro proposito. Dite sì alle difficoltà che giungeranno, prendetele come esperienze da cui imparare e andate avanti fino alla meta. Datevi dei tempi precisi entro i quali arrivare agli obiettivi e provate a individuare gli strumenti per farlo. Ad esempio, se il vostro programma è diventare più altruisti, potreste scrivere che farete beneficenza in un luogo entro i primi due mesi dell’anno. Lo strumento da usare? Ovviamente l’empatia. Se decidete di fare una vacanza datevi una data, montagna o mare che sia, se decidete per la dieta indicate data di inizio e peso da raggiungere Adesso potrete ricopiare tutto in bella copia e appendere la vostra lista dei sogni in un luogo dove potrete averla sempre davanti agli occhi. Sarà la vostra più grande motivazione.
La gioia un’emozione piacevole
Di alta intensità, che proviamo quando crediamo, con certezza, che uno scopo per noi molto importante sia stato realizzato. L’emozione della gioia non è mai un’emozione pura, ma è sempre turbata da un oscuro timore di perderla: nel momento in cui stringiamo in mano l’oggetto agognato, ne percepiamo la precarietà e la transitorietà. La gioia è infatti è molto friabile, impalpabile, delicata: si effonde facilmente, ma altrettanto facilmente può vanificarsi. La gioia e la speranza si differenziano principalmente rispetto al parametro “tempo”: la gioia si prova dopo il raggiungimento di qualcosa, la speranza prima o durante l’attesa. La gioia è molto più marcata, rispetto al parametro “intensità” rispetto alla speranza: nessuna speranza infatti può farci provare un’emozione di intensità simile a quella della gioia. Fra la gioia e la speranza si pone in genere l’entusiasmo, perché comporta una gioia per ciò che si sta facendo nel presente, in vista di futuri successi. L’entusiasmo fortifica la nostra motivazione ad agire, ci infonde energia. L’orgoglio invece è una emozione diversa dalla gioia: nel risolvere un problema infatti, tutti provano gioia, ma si prova orgoglio solo se la sfida superata era particolarmente difficile e se ha richiesto alla persona una notevole dose di ingegno e di impegno: la fierezza di sé per il risultato ottenuto produce orgoglio. Quanto alla felicità, essa può essere accomunata con l’emozione della gioia, ma vi sono delle differenze fra i due concetti, molto significative: la felicità infatti ha a che fare con l’ambiente esterno, con la realtà, mentre la gioia nasce dentro di sé: è un’esperienza soggettiva, che può svilupparsi anche in condizioni psicologiche ed esistenziali non ottimali, anche per la sua breve durata. Sul piano comportamentale, poiché una persona che prova gioia riesce ad apprezzare meglio il mondo intorno a sé, le modifiche legate al buonumore possono apparire vistose: chi prova gioia tende ad aprirsi agli altri, ad intraprendere senza paura attività impegnative, a fare donazioni, ad essere più disponibile nei confronti degli altri. Come dice Adorno, l’uomo non sa di essere felice: si sente felice. Un po’ troppo poco, per la nostra intelligenza ed infatti la depressione nasce fondamentalmente da questo: dal non saper riconoscere le gioie della vita.
Percorsi salutari
Molto spesso nei quartieri più poveri delle città americane i cibi più acquistati sono di bassa qualità e poco salutari, il cosiddetto junk food, a scapito di prodotti più buoni. Le campagne di persuasione non sempre riescono a cambiare le abitudini d’acquisto, anche perché a volte frutta e verdura sono difficili da vedere negli scaffali, poco disponibili e di costo elevato. Alcuni studiosi americani hanno quindi sperimentato un metodo più diretto, che ha funzionato. Spostare l’attenzione dei consumatori verso cibi più salutari, in poche parole, più mele, meno merendine. Hanno quindi collocato sul pavimento di alcuni ipermercati grosse frecce verdi che indicano la direzione degli scaffali dove si possono acquistare i cibi più sani. Le frecce avevano anche scritte ed emoticon che favorivano l’approvazione collettiva. Il risultato è stato un aumento dell’acquisto di prodotti più salutari, senza una sostanziale modifica del budget per la spesa da parte dei clienti. In altri supermercati, usati come controllo e privi di segnaletica, le abitudini di acquisto sono rimaste invariate.
