Il primo pacco di biscotti non si scorda mai! L’homo sapiens sarà pure l’ultima espressione dell’evoluzione umana, la dimostrazione delle più sofisticate abilità intellettive della nostra specie, ma se dovessimo sondare su cosa si basa la memoria esperienziale degli individui, dovremo attignere al suo “palato”.La memoria del gusto sarebbe una delle conoscenze più resistenti della nostra mente, capace di opporsi anche al declino cognitivo insito in alcune patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. Attenzione però, non tutti gli alimenti sono sullo stesso piano: a essere letteralmente “indimenticabili” sarebbero soprattutto i cibi più ricchi di calorie.La ricerca proviene dal Policlinico Gemelli il team dei ricercatori ha sottoposto un gruppo di pazienti affetti da disturbi neurologici, come l’Alzheimer e, ad una serie di test di memoria dove venivano mostrate fotografie di alcuni cibi o veniva fornita una descrizione verbale delle loro proprietà.Non solo le conoscenze e i ricordi relativi al cibo risulterebbero più resistenti di altre anche in soggetti cognitivamente compromessi, ma ad essere ricordati più vividamente sarebbero i cibi più calorici e nutrienti, cibi che spesso coincidono con i cibi dolci, quelli che si sono conosciuti nella prima infanzia e che rappresentano molti dei comfort foods utilizzati in età adulta a scopo consolatorio. Proust lo aveva già dimostrato.I ricercatori indicano almeno due possibili letture di questi interessanti risultati. La memoria del gusto sarebbe più resistente di altre perché filogeneticamente basilare per la sopravvivenza. Questo spiegherebbe anche la preferenza per i cibi più calorici e dolci: siamo geneticamente predisposti per procacciarci quanto più cibo possibile in vista di possibili carestie solo ai tempi attuali abbiamo il problema contrario…. e siamo dunque portati ad essere attratti dai cibi più nutrienti. Inoltre siamo predisposti ad avvicinarci al consumo di cibi dolci e a provare disgusto per quelli amari. i cibi che ricordiamo meglio, che più si fissano nella nostra mente, sono quelli più ricchi di calorie ma anche quelli che ci risultano più familiari. Sono i cibi della nostra infanzia a lasciare un’impronta indelebile nella nostra memoria. Possiamo anche averli apparentemente “dimenticati”, ma al primo “assaggio” riconosceremmo subito quel “trasalimento” perché è ricordo psichico e fisico al tempo stesso. Nella prima infanzia siamo ancora in grado di differenziare stati di benessere fisici e mentali: chi si prende cura di noi, ci prende in braccio e ci accarezza è anche chi, al tempo stesso, ci nutre e ci offre i primi cibi. Questi cibi, di cui serbiamo il gusto per tutta la vita, assumono un significato affettivo spesso importantissimo tanto da essere quelli a cui a volte ricorriamo per consolarci o compensare stati di frustrazione come avviene ad esempio nella fame emotiva. Un esempio” di questo concetto, rivisitato nel film di animazione Ratatouille , è quello della scena in cui Ego assaggia dopo tanto tempo la “sua” ratatouille
Tag: Zuccheri
I cibi dietetici ci fanno ingrassare
Senza zucchero”, “senza grassi”, “low fat, “light”: girando tra le corsie del supermercato, non facciamo altro che vedere alimenti confezionati privi di zuccheri e grassi, che dovrebbero ridurre l’aumento di peso per non parlare del “senza olio di palma”. La parola “senza” è quasi diventata, di fondamentale importanza per la vendita del prodotto. I cibi light magari aiuteranno i nostri sensi di colpa e il portafogli di chi li produce, ma non è detto che facciano bene alla nostra salute. La produzione di alimenti “leggeri” risale al secolo scorso: in America, alcuni studi mostrano una correlazione tra cibi a elevato contenuto di grassi e malattie cardiovascolari, e suggeriscono che una dieta povera di grassi possa essere d’aiuto ai pazienti con problemi di colesterolo o di pressione alta. Vent’anni dopo, la dieta low fat viene consigliata all’intera popolazione, non solo a chi soffre di problemi cardiovascolari. Altri 20 anni e il regime low fat diventa una vera e propria ideologia, animata anche dai canoni di magrezza imposti dalla società. Inizia così il boom dei cibi dietetici.Dalle tavole vengono banditi il latte intero, i formaggi e i grassi animali in generale, e l’industria alimentare inizia a studiare nuove formule per produrre cibi che a parità di forma e sapore abbiano meno grassi, o addirittura ne siano del tutto privi. I grassi animali vengono così sostituiti da grassi vegetali insaturi, ma c’è un problema di consistenza: mentre a temperatura ambiente i grassi animali sono solidi, quelli vegetali sono liquidi, quindi il prodotto finale non ha né l’aspetto né il sapore di quello originale. Ecco quindi che per rendere il sapore del prodotto il più simile possibile a quello originale, viene aggiunta una notevole quantità di zuccheri. Leggendo bene le etichette si nota che, anche se in un prodotto c’è il 59% di grassi in meno, normalmente il numero di calorie è inferiore solo del 15% a quello del prodotto “intero”. In uno studio Susan Swithers, si scopre che i cibi low fat, in realtà, fanno ingrassare. Lo studio, è stato condotto su due gruppi di topolini, alimentati con cibo in polvere e con patatine fritte. Il primo gruppo ha ricevuto tutti i giorni patatine fritte normali, l’altro un’alternanza di patatine normali e patatine light, contenenti un grasso sintetico, che ha zero calorie I ricercatori hanno scoperto che, dopo alcuni giorni di questa dieta, i topolini alimentati con l’alternanza di patatine normali e light avevano mangiato di più, guadagnato peso e sviluppato più grasso corporeo rispetto ai topolini che avevano mangiato solo le patatine normali. Anche eliminando le patatine dalla dieta, i topi non avevano più perso peso,tale studio smentisce del tutto l’utilità dei prodotti light nelle diete, aggiungendo che, a lungo andare, una dieta “poco grasso” potrebbe anche far aumentare il colesterolo e condurre all’obesità, causando problemi metabolici e infiammazioni cerebrali.
Tumori e cibo spazzatura
Contengono troppi zuccheri, sale, conservanti, sono poveri di vitamine e di fibre: alimenti come snack, merendine, pasti pronti, oltre alle bibite gassate, non hanno certo fama di giovare alla salute. Aumentano anche il rischio di tumore? Un vasto studio ha rilevato uno dei primi indizi concreti di un possibile legame tra il consumo dei cosiddetti “cibi ultra-trasformati” e il cancro. Gli alimenti ultra-processati, o ultra-trasformati, sarebbero secondo la definizione di un’agenzia dell’OMG quelli che, oltre a zucchero, sale, oli e grassi aggiunti, contengono come additivi sostanze estratte dagli alimenti come caseina, siero di latte e proteine isolate, o sostanze sintetizzate da componenti alimentari come oli idrogenati, amidi modificati e aromi non utilizzate solitamente nella preparazione casalinga dei cibi. alimentazione, cibo processato, junk food, dieta, sale, grassi, zuccheri, cibo spazzatura.Una dieta in cui questi cibi hanno la maggioranza, a scapito di cibi freschi, è stata legata all’obesità e a un aumento di diabete, pressione arteriosa e colesterolo, tutti a loro volta fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Finora però non c’erano prove e neppure indizi convincenti che il consumo di questi cibi fosse legato anche a un aumento del rischio di tumori. Tenendo conto di altri fattori di rischio conosciuti, tra cui l’età, la storia familiare, il fumo, la quantità di attività fisica, dall’analisi è stato comunque isolato un aumento specifico del rischio di tumore attribuibile all’alimentazione. Secondo lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sul British Medical Journal, a un 10 per cento in più nella proporzione di alimenti ultra-processati nella dieta corrisponde un innalzamento generale del 12 per cento del rischio di cancro. Per alcuni tumori, come quello del seno, l’aumento del rischio è stato dell’11 per cento. Il rischio aggiuntivo identificato riguarda inoltre solo gli alimenti definiti ultra-trasformati, mentre non è stato individuato per altri tipi di alimenti industriali, per esempio le verdure in lattina o formaggi e pane prodotti a livello industriale. D’altra parte, il consumo di cibi freschi frutta, verdura, legumi, riso, pasta, uova, carne, pesce e latte è stato associato a una riduzione del rischio di cancro in generale e di tumore del seno.
Un bicchiere di vino rosso corrisponde a un’ora di esercizio fisico
Il vino rosso ha effetti benefici sulla salute: ora anche uno studio lo conferma. Bere un bicchiere di vino a tavola migliora l’efficienza del metabolismo Una dieta sana ed equilibrata prevede che ad ogni pasto si possa bere un bicchiere di buon vino per sentirsi bene. Secondo questo studio canadese il merito è di un antiossidante presente nell’uva rossa: si tratta del resveratrolo. Questa sostanza, secondo la ricerca, migliora l’efficienza del cuore e di tutto il sistema circolatorio come se si stesse facendo del movimento. Il cuore e tutti gli altri muscoli traggono beneficio da questa sostanza e si rinforzano. Anche i livelli di zucchero nel sangue vengono regolati e le cellule restano giovani proprio grazie all’azione antiossidante. Quello dell’Università di Alberta è soltanto l’ultimo degli studi che dimostrano gli effetti benefici del vino rosso sulla salute. L’importante, come in tutte le altre cose, è l’equilibrio. Se si esagera gli effetti benefici sparirebbero, superati da una serie di altri problemi. Infine fate molta attenzione: lo studio canadese parla unicamente di vino rosso. Lo stesso effetto benefico all’organismo non si produce bevendo vino bianco o dei cocktail alcolici. Soprattutto in questo ultimo caso la presenza in maniera massiccia di zuccheri raffinati provoca alterazioni e problemi al nostro organismo, quindi, anche in questi casi, l’importante è sempre la cautela
Yogurt un alleato in cucina e oltre
Lo yogurt, classico o vegetale, non è soltanto un alimento da gustare a colazione o a merenda, ma anche un valido alleato in cucina e per prendersi cura della propria bellezza in modo naturale. Preparazione del gelato: aggiungendo ¼ in peso di latte e altrettanto di panna allo yogurt cremoso, insieme a una piccola quantità di zucchero o miele, è possibile preparare un gelato senza dover ricorrere alla pastorizzazione ma procedendo direttamente al passaggio in gelatiera. Si ottiene un gelato cremoso e lievemente acido, perfetto da accompagnare a frutta fresca e, in particolari modo, ai frutti di bosco Formaggio fresco: lasciando scolare per una notte lo yogurt attraverso un telo a maglia molto stretta, si separa la parte di siero da quella più solida, ottenendo così una massa più densa ma pur sempre morbida. Questa sorta di formaggio, noto come labneh, è tipico del Medio Oriente e può essere lavorato a forma di palline e condito con erbe tritate o spezie prima di essere condito con un filo di olio di oliva. Il piatto è di solito servito come antipasto oppure in aggiunta a piatti di verdura.. Ghiaccioli: frullando la frutta di stagione con yogurt bianco, e in caso di necessità aggiustando la dolcezza con un cucchiaino di zucchero o di miele, si ottiene un composto perfetto per i ghiaccioli. Occorre colarlo negli appositi stampi e lasciarli solidificare in freezer per ottenere una merenda sana e leggera. Frappè e smoothies: per alleggerire la componente grassa e calorica dei frullati, siano essi frappè o smoothies, basta sostituire il gelato o il latte con lo yogurt bianco aggiungendo, casomai, due cubetti di ghiaccio nel bicchiere del frullatore. Lievitazione: l’aggiunta di yogurt all’impasto per la pizza favorisce la lievitazione e ne riduce i tempi grazie alla presenza dei microrganismi naturalmente contenuti. Preparazione yogurt: come un’araba fenice lo yogurt serve per produrre in casa altro yogurt, poiché risorge dalle sue ceneri dando luogo di volta in volta a un prodotto più saporito e di corpo più piacevole. Questi sono alcuni spunti per utilizzare lo yogurt in cucina, oltre ai più semplici e intuitivi che lo vedono protagonista di coppe di frutta al posto di un dolce a fine pasto o di una merenda Nel caso in cui la data di scadenza fosse superata da 2 o 3 giorni, assaggiando preventivamente il prodotto, lo yogurt è consumabile senza alcun problema, se è stato conservato correttamente. Se la data di scadenza fosse stata superata da più tempo non gettate via il vasetto: potrete usarlo per preparare un impacco esfoliante per il viso unendo un’albicocca schiacciata e un cucchiaio di crusca di avena; si massaggia su viso e collo e si lascia agire 15 minuti prima di sciacquare con acqua tiepida. Chi impiega l’henné come riflessante oppure per coprire i capelli bianchi, può aggiungere lo yogurt insieme a un cucchiaio di olio di mandorle e tè nero caldo alla polvere di henné: in questo modo i capelli riacquistano lucentezza e setosità.
Si al cioccolato ..ma attenzione
Il cioccolato non rappresenta per forza un’insidia per la linea, né tantomeno un pericolo per la salute. Al contrario: la giusta varietà, consumata in determinate fasce orarie e quantità, può avere effetti benefici e aiutare persino a dimagrire. Parola di Serena Missori, endocrinologa e nutrizionista, lancia una serie di consigli per la Pasqua che coniugano salute e cioccolato. Sì al cioccolato, ma bisogna saperlo scegliere. La varietà fondente dal 70% in poi, con poco zucchero aggiunto, aromatizzato all’arancia, al peperoncino, alla cannella, alla vaniglia, con la granella di cacao, è l’ideale per concedersi un peccato di gola. Serenità e altri benefici. La Pasqua coincide spesso con l’arrivo della primavera che porta con sé cambiamenti umorali, squilibri della serotonina e tanta voglia di dolci, che è compensatoria. Approfittando delle uova pasquali, possiamo trarne il massimo beneficio senza troppe ripercussioni sulla linea: il cioccolato fondente è un’ottima fonte di serotonina, nota come ‘ormone del buonumore’, e svolge un’importante azione antiossidante. Il cioccolato fa dimagrire, ma all’ora giusta. Il momento migliore per consumarlo va dalla mattina al pomeriggio, per avere una sferzata di energia costante, un umore allegro, un ‘boost’ al metabolismo che può aiutare il dimagrimento. Occhio a quantità e cibi associati. La quantità ideale di cioccolato deve essere compresa fra 30 e 70 grammi, a seconda del proprio metabolismo, e dell’attività fisica svolta. L’esperta invita a ricordare anche di non associare cibi troppo ricchi di grassi alla cioccolata, perché questa ne contiene a sufficienza. Quindi nei giorni delle uova pasquali sarebbe opportuno ridurre l’introito di creme, formaggi, burro, fritti e intingoli.
Quello che mangi potrebbe cagionare il cervello
E se la salute del cervello dipendesse dalle nostre abitudini alimentari? E se il crescente aumento di demenza senile fosse collegato all’eccessivo consumo di zuccheri a grassi saturi?Qualcuno ha iniziato a pensarci seriamente mettendo insieme dati come l’allungamento dell’aspettativa di vita, che sicuramente incide sull’aumento della demenza, malattia tipica del cervello che invecchia, e l’abitudine a mangiare junk food, palesemente ricco di grassi saturi e zuccheri. Tra i più convinti sostenitori che cibo e demenza siano correlati, c’è Suzanne de la Monte, che ha addirittura proposto di chiamare la demenza diabete di tipo 3 per distinguerlo La ricercatrice, durante i suoi esperimenti che le sono valsi diverse pubblicazioni, notò che se nutriva le cavie con cibi ricchi di grassi, zuccheri e quindi cibo ipercalorico, le performance cognitive diminuivano velocemente fino a giungere a vere e proprie manifestazioni di demenza. La correlazione junk food e demenza è stata dimostrata anche nell’uomo. Susanne Craft, pioniera negli studi sull’Alzheimer, dopo aver nutrito per 30 giorni un gruppo di volontari con una dieta ad alto tenore di zuccheri e grassi, e un altro gruppo con una dieta povera di zuccheri e grassi, ha dimostrato che nel gruppo nutrito a junk food il liquido cerebrospinale presentava un aumento di una proteina che nell’Alzheimer si deposita fino a devastare intere aree cerebrali. In un altro studio, la ricercatrice ha somministrato insulina spray a un centinaio di volontari dimostrando che migliorava la capacità decisionale, la memoria e le prestazioni cerebrali. I suoi studi si sono dimostrati così convincenti che il National Institue of Health ha finanziato le sue ricerche con un’enorme somma di denaro, quasi 8 milioni di dollari, per capire se l’insulina e gli antidiabetici orali possono essere usati come cura contro l’Alzheimer.
La memoria è come un muscolo
La memoria è come un muscolo: l’esercizio ne migliora le performance. Ma gli esercizi in questo caso non bastano: bisogna accompagnarli con uno stile di vita sano, nel quale alimentazione, attività fisica e sonno regolare giocano un ruolo da primi attori. Molti alimenti sono in grado di rallentare l’invecchiamento cerebrale. Primo tra tutti il pesce azzurro, ricco di Omega-3, necessari per le funzioni cognitive, seguito dalle noci che contengono anche vitamina E, dalle proprietà antiossidanti. Nei cavoli, invece, c’è la vitamina C, che rinforza i vasi sanguigni, mentre il licopene del pomodoro ha un’azione antiage. La curcuma, l’ingrediente principale del curry, ha proprietà antinfiammatorie e ostacola l’arteriosclerosi. La colina del tuorlo d’uovo è essenziale per la fisiologia delle membrane cellulari. Infine è fondamentale l’idratazione: un apporto insufficiente di acqua indebolisce le capacità del cervello. Riducete drasticamente i grassi saturi di origine animale e quelli vegetali presenti nei prodotti industriali, responsabili dell’accumulo di colesterolo, che diminuisce l’efficienza delle cellule nervose e favorisce i processi di invecchiamento. Al pari degli zuccheri contenuti in merendine, dolci e caramelle. Approfittate dell’arrivo delle piogge e della riduzione delle ore di luce per dormire: ricerche e studi confermano che il poco sonno danneggia la memoria e che la carenza protratta di riposo limita le capacità di apprendimento. Avere un ritmo sonno-veglia regolare, concedersi una siesta pomeridiana di una ventina di minuti, dormire un numero adeguato di ore durante la notte aiuta a rigenerare le cellule cerebrali, tutela la salute della mente, serve a riordinare i ricordi. Non solo muscoli: fare sport, di qualunque tipo, giova anche alle cellule cerebrali. Attività soft come yoga e training autogeno migliorano la concentrazione e la memoria. Trascorrete le ore pomeridiane davanti al camino dedicandovi a esercizi per rinforzare la memoria e coordinare i due emisferi del cervello. Scrivere per una decina di minuti al giorno con la mano sinistra o con la destra se si è mancini o fatelo davanti allo specchio guardando l’immagine riflessa anziché il foglio di carta sono sistemi che aiutano ad innescare le funzioni cerebrali. Allo stesso modo lo è esercitarsi a ricordare le lettere dell’alfabeto al contrario, cioè partendo dalla “Z”.
L’ora migliore per mangiare
Di miti e leggende su quale sia l’orario migliore per fare colazione, pranzare o cenare è pieno il mondo. Secondo alcuni, pranzare dopo le 15 potrebbe favorire l’aumento di peso, perché altererebbe l‘orologio interno all’organismo. In realtà, non esiste una regola universalmente valida che dica quali siano gli orari migliori per ciascun pasto. Sono pochi i consigli fondati su solide basi scientifiche. Ciò che è davvero importante è suddividere l’assunzione del cibo nell’arco della giornata, garantendosi 5 pasti: colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. In questo modo non si arriverà mai al pasto successivo troppo affamati e rischiando di mangiare più del dovuto o in maniera scorretta. Si tende sempre a dare molta importanza al “cosa” e al “quanto” si mangia, ma anche il “quando” è un elemento fondamentale per il benessere dell’organismo. I ritmi della vita ci spingono spesso a consumare i pasti in modo frettoloso e a orari scorretti, o a volte a saltarli addirittura; per raggiungere il benessere e l’equilibrio del nostro corpo, invece, è indispensabile scegliere i cibi giusti, con le porzioni giuste, nei momenti giusti della giornata. Variare l’alimentazione è fondamentale per sostenere tutte le funzioni dell’organismo. Per coprire il fabbisogno nutrizionale giornaliero occorre mangiare un’ampia varietà di cibo, in particolare frutta, verdura, cereali integrali, legumi,i cibi vanno consumati in quantità moderata, senza strafare, ma comunque in quantità sufficiente per mantenere uno stato di sazietà per almeno tre ore. Moderazione non solo nella quantità, ma anche nella qualità: vanno evitati gli eccessi di alimenti troppo salati, zuccherini o ricchi di grassi
I single sono più sani
Più volte si è sentito dire da alcune persone che hanno raggiunto il secolo di età, che il segreto della loro longevità era da ricercare nello status di persone sole, nel senso di nubili/celibi; da uno studio effettuato è emerso che c’è una correlazione tra il non essere in coppia e l’essere più in salute. Sebbene la regola non sia valida per tutti, ma dipenda anche da molte altre variabili, come età, sesso, stile di vita, motivazioni per cui non si è in coppia e inclinazioni personali, pare proprio che i single siano più sani di chi vive con un compagno/a. Quindi altro che zittelle e zittelloni depressi, alla ricerca continua di affetto, di dolci e cioccolato consolatorio, o che trascorrono notti insonni, gli scapoloni sono persone più in salute! Sia l’essere single che l’essere in coppia ha vantaggi e svantaggi, tuttavia pare che i privilegi dell’essere soli siano parecchi e spiegherebbero anche i benefici sulla salute. Lontani dallo spingere le persone a stare sole, in questo contesto ci limitiamo a riportare alcune informazioni tratte dalla ricerca, se la solitudine poi pesa allora difficilmente si starà bene come se in una relazione si litiga sempre si avranno conseguenze negative Le persone che non hanno un coniuge da “badare” hanno più tempo da dedicare all’attività fisica, al giardinaggio, ai loro hobby, a passare ore distesi a leggere un buon libro Le ricerche confermano che le persone sposate dopo qualche anno di matrimonio tendono ad ingrassare perché hanno un’alimentazione peggiore rispetto ai single, che invece mangiano più sano. Inoltre chi vive una relazione infelice e deludente tende a vivere il cibo come consolatorio scegliendo alimenti dolci e alimenti ricchi di zuccheri, quindi che fanno male. Si sa che la vita di coppia, alla lunga, porta ad aver sempre meno vita sociale e i numerosi impegni famigliari allontanano anche dalle amicizie, a parte qualche cena tra amici si tende a diventare poltroni. I single, invece, avrebbero più contatti e questo li aiuterebbe a stare meglio ed in salute. Perché i single sono più sani? Perché hanno meno pensieri stressanti e angosce mentre chi ha una famiglia ha un maggior senso di responsabilità e un carico maggiore e lo stress è dannoso per la salute! Inoltre apre anche che i single fanno più sesso delle persone in coppia perché purtroppo la quotidianità porta al calo del desiderio.
