E’ una tradizione popolare che si svolge nella notte tra il 28 e il 29 giugno, in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo. È una pratica diffusa soprattutto nelle regioni del Nord Italia. La tradizione consiste nel riempire un recipiente, solitamente una brocca o un bicchiere, con acqua e collocare al suo interno l’ albume di un uovo . Il contenitore viene poi lasciato all’aperto, esposto alla rugiada della notte. La credenza popolare vuole che, durante la notte, San Pietro faccia soffiare il vento in modo che l’albume si coaguli assumendo la forma di una barca a vela. La mattina del 29 giugno, le persone controllano la forma che ha assunto l’albume. Se l’albume ha formato una struttura simile a una barca, questo è considerato un segno di buon auspicio, indicando fortuna, prosperità e un buon raccolto. Se la forma non è ben definita o non ricorda una barca, il presagio può essere meno favorevole. Le origini di questa tradizione sono incerte, ma si ritiene che possa avere radici antiche legate ai rituali agrari e alla simbologia cristiana. San Pietro, è spesso associato ai pescatori e al mare, rendendo la barca un simbolo appropriato per una tradizione a lui dedicata. Questa pratica, pur essendo legata a credenze popolari e superstizioni, è ancora oggi seguita da molte famiglie come un rito che unisce elementi di fede, tradizione e folklore locale.
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Tutto è importante
Che qualcuno accenda una candela, raccolga la carta buttata a terra, ascolti la storia ripetuta più volte, pieghi e riponga nel cassetto la biancheria, lavori onestamente, dica le cose come stanno, resista alle tentazioni, pulisca il tavolo, aspetti a attraversare col giallo, si congratuli per le conquiste, accetti le deduzioni, prenda le parti di qualcuno, vada per primo, vada per ultimo, scelga il pezzo più piccolo, stia vicino a chi muore, sostenga chi sta male, tiri via una scheggia da un dito, asciughi una lacrima, dia indicazioni a chi si è perso, abbracci chi è solo. Tutto quello che facciamo e sembra niente ha invece un importante significato….Le cose più belle sono le meno riconosciute.
Dente di Leone in cucina
Diffuso in tutto il pianeta, più precisamente nella fascia a clima temperato,il dente di leone, è piuttosto rustico e non richiede condizioni ambientali particolari sembra che preferisca le distese erbose soleggiate e ventilate. Si tratta di uno dei maggiori esponenti delle così chiamate erbe spontanee e viene coltivato solo in parte. Di rado è impiegato a scopo decorativo; al contrario, è considerato dagli amanti del giardinaggio come una vera e propria pianta infestante. Il dente di leone appartiene al gruppo di alimenti ricchi di vitamina A e C, ed è anche noto per l’abbondante quantità di fibre e minerali. Si colloca tra le erbe spontanee più consumate in Italia; se ne fa un grande uso nel Centro Italia. Il dente di leone si può mangiare crudo in insalata o cotto. Nel primo caso è essenziale coglierlo giovane, prima che fiorisca e fruttifichi, quando le foglie sono color verde chiaro e brillante, e di consistenza tenera; di solito in questa fase hanno un sapore meno amarognolo e più dolciastro. Per la cottura invece, che dev’essere per lessatura e / o saltato in padella con olio e aglio possono venire impiegate anche le foglie di maggiori dimensioni; L’insalata di tarassaco è solitamente accompagnata da uova sode Cotto, il dente di leone selvatico può essere un ingrediente per ricette più elaborate di ogni tipo. In alternativa agli spinaci strizzato e tritato, può colorare di verde la pasta Miscelato a formaggio , spezie, ricotta o patata invece, arricchisce la farcitura di paste ripiene,quali lasagne; può costituire anche un sugo per la pasta . Molti lo usano anche per imbottire gli arrosti, ma l’utilizzo più diffuso è invece nelle quiche o torte salate


