L’estate sta finendo e ritornando a casa dalle vacanze avete notato che, la vostra valigia pesa sempre più di quando siete partiti? Con cosa l’avete riempita? Cosa avete portato a casa? Albe, tramonti, spiagge, sentieri di montagna, panorami. Piatti tipici, grigliate, aperitivi. Luoghi, monumenti, persone. Amici. Parole, pensieri, riflessioni. Ricordi. Importanti ricordi sembra che il verbo ricordare derivi dal latino “recordari”, formato da – re – indietro e – cor – cuore: tornare indietro con il cuore Gli antichi, infatti, erano convinti che la memoria risiedesse nel cuore. È anche per questo che “lasciamo il cuore” in un luogo che abbiamo particolarmente amato. Un luogo che ci piace ricordare. Magari proprio ora che ancora ci possiamo godere di giornate con cieli azzurri almeno per un minuto basta cercare nella valigia dei ricordi più belli per poter rivivere la magia di luoghi che ci sono rimasti nel cuore. E voi in quale luogo vorresti tornare ora?
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Aiuto ho perso le chiavi!!
Perché alcuni di noi perdono sempre le chiavi? Altri non ricordano dove hanno lasciato gli occhiali. O il telefonino. Per non parlare del dramma di quei parking multipiano, dove vaghiamo come anime in pena senza ricordare più dove abbiamo lasciato l’auto. Prima risposta: niente panico, questi non sono i segnali precursori dell’Alzheimer. Non sono neppure necessariamente legati all’età. La scienza della memoria ha spiegazioni sorprendenti per questi incidenti. Gli esperti hanno anche elaborato un elenco di consigli pratici, per aiutarci: a non perdere, oppure a ritrovare. La mole di ricerche in questo campo aumenta di giorno in giorno, grazie anche all’ausilio della genetica.The Wall Street Journal ha censito alcuni degli studi più importanti, perfino una ricerca commissionata da una compagnia assicurativa britannica. Sì, gli assicuratori vogliono saperne di più: sia perché a volte gli smarrimenti riguardano oggetti costosi e danno il via a richieste di indennizzi; sia per verificare quel sospetto che dietro le piccole amnesie quotidiane possano nascondersi le avvisaglie di patologie mentali serie.A consolarci dalle nostre afflizioni, ecco una statistica: in media ogni essere umano perde momentaneamente ben nove oggetti al giorno. Un terzo dei soggetti intervistati proprio per le ricerche assicurative rivelano di spendere 15 minuti ogni giorno per ritrovare qualcosa: telefonino, chiavi di casa o dell’auto, qualche documento di lavoro e pratica burocratica, sono le tre categorie in testa agli smarrimenti provvisori. Tra le cause sospettate di peggiorare la nostra distrazione, alcune effettivamente sono all’opera: stress, stanchezza, deficit di sonno, e soprattutto il dilagante multi-tasking facciamo troppe cose alla volta. Ma la spiegazione di fondo ha a che vedere con il funzionamento “normale” del cervello. La maggior parte degli smarrimenti avvengono quando non attiviamo la memoria per codificare un gesto banale e ripetitivo che stiamo facendo: posare le chiavi sul comodino, sulla consolle vicino alla porta d’ingresso, o chissà dove. Codificare significa «attivare l’ippocampo che compie l’equivalente di un breve scatto fotografico, e poi immagazzina l’immagine in una serie di neuroni, che in una fase successiva possono essere riattivati facilmente». Ecco comunque qualche consiglio non precipitarti a cercare subito, meglio evitare una ricerca ansiogena e aspettare che ti venga un’idea. Cercalo al suo posto, spesso gli oggetti li abbiamo lasciati proprio dove dovevano essere; oppure qualcuno li ha ritrovati per te e li ha messi appunto al posto giusto. Ricostruisci il passato prossimo, le ultime volte che ne hai avuto bisogno e lo hai utilizzato, smaschera l’effetto-nascondiglio, cercando se l’oggetto perduto non sia nascosto da qualcos’altro che lo copre una borsa, un giornale. cerca una volta sola, a colpo sicuro, non vagare guardando dappertutto. concentrati sulla “zona eureka”, cioè nelle vicinanze del posto giusto, perché la maggior parte degli oggetti si smarriscono entro un metro di distanza da dove dovrebbero essere. Ultimo suggerimento, da filosofia zen: mettiti l’animo in pace, le cose sbucano fuori all’improvviso quando le abbiamo date per perse
Apprendere efficacemente
Che sia per un’interrogazione, per un esame o per una ricerca scritta, per molti studiare significa apprendere un concetto per superare una prova ben precisa. E sono molti gli studenti che, a ridosso di un compito in classe, passano ore ed ore sui libri con la speranza che il proprio cervello incameri quante più informazioni possibili. La buona notizia è che, nonostante la gran fatica, quasi sicuramente passeremo la tanto temuta prova: il nostro cervello è sempre all’altezza del compito che ci prefissiamo. La cattiva notizia è che, in realtà, studiare in questo modo non porta ad alcun apprendimento duraturo. Col passare del tempo, infatti, tutte le nozioni studiate verranno sepolte nella nostra memoria e, successivamente, irrimediabilmente perse. A livello di economia del tempo, quindi, studiare solo per memorizzare nozioni è un grande spreco: alla lunga non trarremo nessun giovamento dalla suddetta sessione di studio. Nessuno ci ridarà il tempo che abbiamo “perso” per apprendere concetti che verranno presto dimenticati. Qual è quindi il modo più efficace per studiare col fine di apprendere? Stando a recenti ricerche sembrerebbe che, in realtà, questo funzioni meglio sulla “qualità” e non sulla “quantità” di tempo passato sui libri. Piuttosto che studiare tantissimo in poco tempo, sarebbe bene aumentare le occasioni di studio riducendo la durata. In questo modo il nostro cervello tenderà a considerare importante quello che legge, ricordandolo più a lungo. Allo stesso modo, una sessione di studio, benché breve, non deve mancare di un elemento di condivisione: ripetere e raccontare quello che si è appena appreso dirà al nostro cervello che si tratta di informazioni importanti e quindi da non dimenticare. Lasciate la vostra cameretta per spostarvi in giardino, in biblioteca, in aula studio, a casa di un amico, in riva al mare o a un lago. Studiando in luoghi sempre diversi, infatti, il nostro cervello sarà più ricettivo, perché sarà circondando da tanti stimoli differenti. Quello che studiamo sarà inevitabilmente legato e associato a questi stimoli e per noi sarà molto più semplice ricordare quello che abbiamo letto. Quante volte vi è capitato di ricordare benissimo un semplice aneddoto solo per il luogo in cui questo è avvenuto?
