Domanda grandiosa, questa. Difficile dire perché ci si innamori. Sostanzialmente si potrebbe dire che l’amore si desidera e lo si desidera perché rende soddisfatti di se stessi, nel modo più completo ed emozionante, rende sicuri e anzitutto ci fa sentire importanti e desiderabili per una persona: tutte qualità sicuramente molto rilevanti per il benessere psicofisico di un essere umano. Invece, come la persona ama nasce dalla sua storia, dalle sue debolezze, dai suoi ricordi, dalle sue ferite. Nasce dal suo equilibrio psicologico, ma anche dall’educazione che ha ricevuto, dall’ambiente in cui vive e che lo circonda, dal sapere in cui è immerso e forse da quelli che sono i suoi bisogni d’amore in quel determinato istante della sua vita.L’Amore, del resto, non è innato e primario, è un’esperienza che piuttosto si acquisisce nella vita individuale successiva come dato dell’esperienza che la persona affronta dal momento in cui si differenzia dal gruppo comune e acquisisce coscienza della sua individualità. L’amore, dunque, nasce dentro di noi e si sviluppa in noi nella misura in cui gli doniamo questa possibilità. Non è un impulso improvviso che esplode all’improvviso e di cui si perde il controllo. Se così fosse, sarebbe lecito pensare che l’amore sia qualcosa di meramente pericoloso, di cui preoccuparsi e da cui tenersi lontano. Ma questo non è Amore. Osservando in profondità si potrebbe scoprire un filo comune che senza rendersi conto fa da motore all’innamoramento, come ad esempio la ricerca della bellezza, dell’impulso dell’intelligenza, della sicurezza, del bisogno di protezione. Spesse volte ci si sente attratti da qualcuno piuttosto che da un altro perché in lui/lei percepiamo qualcosa che in noi è presente magari solo in forma embrionale, oppure ci ricorda qualcosa di piacevole del nostro passato, o qualcosa di noi che desidereremo d’ avere o d’essere. Alle volte possiamo essere mossi dal desiderio di scoprire per esempio quanto l’altro assomigli a noi e fino a che punto possiamo in lui rispecchiarci, gettando, sovente, sull’altro tutti i nostri desideri. Ci si innamora, tendenzialmente, di persone simili o di altre totalmente diverse ma, in qualche modo, complementari a noi.
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Quando dire “Ti Amo”
Il risultato è che la maggior parte delle persone dice “Ti amo” circa tre mesi dopo l’inizio di una relazione. Il secondo tempo più popolare per un “ti amo” va dai quattro ai sei mesi. Per alcuni, però, anche tre mesi è un tempo troppo lungo per dichiarare il proprio amore. L’indagine ha scoperto che il 13% degli individui ha confessato l’ amore per il partner dopo solo un mese di relazione. Il 3% lo ha detto dopo una settimana. Ovviamente ognuno sa bene quando è realmente innamorato, quando prova dei sentimenti ed ha bisogno di esternarli, quando il cuore batte all’impazata, ma ci sono alcune cose a cui pensare prima di rivelare i propri sentimenti, tendo a bada il cuore. Molti credono che quando il partner rivela i suoi sentimenti questo sia pronto per la per il matrimonio. Il “Ti amo” è dunque associato ad un grosso impegno. Chiaritevi che non c’è nulla di cui aver paura, che dietro il vostro “Ti amo” non si nasconde alcuna proposta di matrimonio. Fategli capire che non c’è alcun bisogno di farsi prendere dal panico e che state solo rivelando ciò che sentite nel vostro cuore. E’ molto raro che il vero amore esploda al terzo appuntamento. Dunque per evitare spiacevoli reazioni che potrebbero distruggere un rapporto che sta per nascere, prima di confessare il vostro amore, siate certi di provare dei reali sentimenti. Le farfalle nello stomaco e la passione smisurata non bastano, l’amore vero deriva anche da un grado di intimità più elevato e dalla conoscenza reciproca. Fermatevi un momento a pensare: quante volte avreste voluto dire “Ti amo”? E quante volte, dopo pochi mesi, vi siete resi conto che quello non era la persona della vostra vita? Date dunque peso alle parole che pronunciate. Dire a qualcuno “Ti amo” al secondo appuntamento è azzardato. Il vero amore richiede tempo per svilupparsi e crescere. Non sprecate queste parole così importanti nel momento sbagliato.
La mente è come il mare
Il mare, infinito, multicolore, colmo di vita, uguale alla nostra mente. Il mare, in continuo dinamismo, calmo, arrabbiato, tranquillo, arrogante. Anche la mente. Il mare sta in uno spazio finito, ma in base ai cambiamenti ambientali ha una capacità di riorganizzazione pressoché infinita, e così anche la mente. Quando il mare è agitato, sta cercando di ristabilire un equilibrio con se stesso, in quanto preda di una perturbazione o interna una corrente o esterna un cambiamento di pressione atmosferica che genera il vento ed agita il mare. Anche la mente quando si agita, è in preda a dei cambiamenti, o interiori o dell’ambiente esterno ad essa. Per questo l’agitazione mentale non va soltanto calmata, ma compresa ed ascoltata, per consentire alla mente di ristabilire un nuovo equilibrio con se stessa. Possiamo curiosare all’interno del mare, così come all’interno della mente, possiamo restare in superficie così come possiamo scegliere di andare sempre più in profondità e, sia nel mare che nella mente, ci accorgiamo che più andiamo in profondità, più scopriamo paesaggi nuovi, affascinanti, meravigliosi. Tuttavia, più decidiamo di scendere in profondità, più dobbiamo essere attrezzati per farlo, magari non da soli e non troppo in fretta. Scendere nelle profondità del mare è un viaggio che va gustato e contemplato con grande rispetto per questo elemento, senza fretta e senza paura, con attenzione alla cura di sé. Così, prendendo tutte le precauzioni, ciò che si riesce a scoprire risulta strabiliante, forse impensabile per chi non ha mai fatto un viaggio del genere. Anche per l’esplorazione delle profondità della propria mente il viaggio è simile. Inizialmente, si deve imparare a galleggiare, pian piano si impara a lasciare gli ormeggi ed allontanarsi dal porto sicuro, ovvero da talune abitudini della nostra vita che, seppur fastidiose rappresentano il certo, il già noto, la comodità di sapere che le certezze ci danno sicurezza, anche se talvolta amara. Il viaggio dentro noi stessi ci pone di fonte alla scommessa di affrontare il piacere e, allo stesso tempo, la paura del distacco, del nuovo, della bellezza di qualcosa di mai percepito prima nella nostra interiorità e nella vita. Allora, più si naviga verso la propria interiorità, più si consente alla vita di aprirsi a nuove esperienze, nuove emozioni, nuove relazioni. Chi esplora il mare prova la strana sensazione di entrare in un universo dove non ci sono più le semplici tre dimensioni in cui si è abituati ad orientarsi nella terraferma. Nelle profondità del mare lo spazio è multidimensionale, come nelle profondità della mente, dove diventa possibile abbandonare la linearità delle abitudini e dei vincoli quotidiani ed aprirsi , alla luce interiore, vera strada , per la nostra felicità.
Serviti….subito!!
Succede un po’ a tutti, di essere di fretta mentre aspetti un caffè al bar, oppure mentre insieme ad amici sei a fare un pranzo veloce, specie dove i locali sono un po’ più affollati di essere in attesa al bancone del bar, ma non riusciare ad avere l’attenzione del cameriere per ordinare.In questi casi, spesso si tende a pensare che la colpa è del cameriere che non fa bene il suo lavoro, ma secondo uno studio condotto da ricercatori tedeschi, la questione potrebbe essere leggermente diversa: può essere che siamo noi a non “lanciare i giusti segnali” al cameriere.In ambienti affollati e confusi può essere difficile comunicare: un problema concreto specie nel mondo dei servizi, dove la qualità del servizio stesso è strettamente dipendente dalla capacità di chi lo offre di soddisfare correttamente le richieste del cliente. Capire cosa fa sì che la comunicazione sia efficace o meno è fondamentale poi se si vogliono sviluppare strumenti di supporto ai servizi ed è così nato lo studio che ha visto l’analisi di numerose interazioni reali in veri bar, permettendo di trarre interessanti conclusioni.E’ emerso che il messaggio “voglio ordinare” è un messaggio non verbale: per farsi capire, secondo lo studio, è necessario essere rivolti verso il bancone e guardare un cameriere. Non esattamente una sorpresa, ma quel che è interessante è che mentre questi due movimenti assieme sono “necessari e sufficienti”, senza bisogno di aggiungere altri gesti, uno solo dei due, oppure azioni di tipo diverso, non appaiono altrettanto efficaci. A questo punto però entra in gioco anche l’abilità del cameriere, perché lo studio ha confermato che ignorare un potenziale ordine è considerato peggio che chiedere a qualcuno che ha già ordinato, o che non vuole ordinare, se desidera qualcosa. Pertanto fate attenzione quando chiedete un caffè a come lo chiedete…sarete serviti subito!!