Un piatto che si presenta come un giardino, un altro che sembra realizzato per un gioco da bambini, un altro ancora racchiuso in una scatola di legno con tanto di orologio. Sono alcuni esempi intriganti dei livelli a cui è arrivata l’alta cucina vegana. Ne ha dato ampio panorama The Vegetarian Chance, il concorso di cucina vegetariana e vegana che coinvolge alcuni degli chef più affermati a livello internazionale, non necessariamente solo veg.L’evento, giunto alla quarta edizione, è nato da un’idea di Pietro Leemann, patron del ristorante joia di Milano e del giornalista Gabriele Eschenazi. The Vegetarian Chance si definisce “Festival internazionale” poiché il programma complessivo dura due giorni e comprende anche appuntamenti come show cooking, seminari e un mercato di prodotti bio. Gli otto chef finalisti hanno presentato le loro creazioni alla giuria, formata da chef stellati, un alimentarista, un ambientalista e giornalisti enogastronomici.La commissione ha valutato due piatti per ciascun concorrente: uno della tradizione e uno dell’innovazione. Il lavoro dei professionisti dei fornelli non è stato facile. Banditi tutti gli ingredienti di origine animale: latte e burro, ma anche addensanti come gelatine, e via dicendo. Le materie prime utilizzate dovevano essere biologiche, biodinamiche o anche spontanee. Con la sua zuppa di piselli, l’olandeseGijs Kemmeren ha vinto la competizione. Ma che zuppa! Niente di brodoso, ma una composizione in cui i piselli cucinati in vari modi erano in compagnia di sedano rapa arrostito, maionese di sedano dei prati, biscottini di segale croccante
Tag: ravioli
Mangiare sano
In principio gli esseri umani erano vegetariani e raccoglitori. I cesti di vimini sono nati inizialmente per raccogliere per espletare una gestualità che metteva in contatto diretto, con tutti i sensi, l’uomo e la natura. Raccogliere gli elementi della terra nutriva significati mistici, spirituali, metafisici per la narrativa delle grandi religioni monoteiste, ma anche per le società nomadi o tribali, che ringraziavano madre terra per i suoi frutti. Si mangiava con le mani, che toccavano e conoscevano la natura. Si mangiava con la mente, perché l’intelletto era essenziale per riconoscere le erbe commestibili da quelle velenose. Si mangiava con l’anima, perché si rischiavano castighi o premi divini. L’interezza umana era in contatto con la terra. Mangiare cibo sano non è un sacrificio, bensì il modo più concreto per aiutare il proprio corpo a vivere in salute. Seguire una alimentazione sana non deve essere una penitenza, ma un modo di approcciarsi alla vita e di volersi bene: i benefici di una dieta salutare sono enormi sia per il corpo sia per la mente.

Gnudi una ricetta facile gustosa e veloce
Gli gnudi sono un primo piatto tipico della tradizione contadina toscana. Il loro nome già dice tutto: anziché creare una sfoglia che avvolga il ripieno e si trasformi in un raviolo, l’impasto viene lasciato così, “nudo”, senza pasta, e creato con un mix di sapori che profumano di Maremma. Nutrienti e ricchi di calorie, gli gnudi sono invece poveri negli ingredienti. Ecco come prepararli a casa. 500 grammi di spinaci freschi 350 grammi di ricotta 100 grammi di parmigiano grattugiato 2 uova 2 cucchiai di farina sale e pepe qb noce moscata a piacere Lavate bene le foglie di spinaci. Intanto mettete sul fuoco una pentola con acqua e, quando giunge a ebollizione, aggiungete una manciata di sale grosso. Cuocete gli spinaci e poi scolateli. Strizzateli bene e metteteli da parte. Potete utilizzarli così nell’impasto degli gnudi oppure, se desiderate che siano più saporiti, dopo averli fatti saltare in padella con olio extravergine d’oliva e aglio. Tritateli o tagliateli con il coltello e spostateli poi in una terrina dove avrete aggiunto la ricotta, il parmigiano, le due uova, la farina, sale, pepe e una grattugiata di noce moscata. Mescolate il composto e, aiutandovi con un cucchiaio, formate delle palline. Infarinatele e poi tuffate gli gnudi in acqua salata. Quando verranno a galla saranno pronti da condire. Potete farlo con burro e salvia oppure con un sugo leggero di pomodoro fresco, che esalta il sapore degli spinaci e del formaggio.
La fonduta
La fonduta di formaggio è un piatto tipicamente svizzero, conviviale, pensato per riunire le persone intorno ad una pietanza collettiva gustosa e molto stuzzicante. La fonduta prevede la fusione di due o più formaggi in un pentolino apposito cioè un contenitore in ceramica, ghisa, rame o acciaio dal fondo molto spesso, per evitare che il contenuto bruci. Sul fondo della pentola infatti si forma sempre una crosta assai prelibata che viene gustata per ultima. Le ricette per la fonduta sono numerose anche se le due più classiche sono quella svizzera, appunto, con groviera, vino e liquore, oppure quella valdostana, con la fontina. 400 g di formaggio fontina doc.30 g di burro 4 tuorli d’uovo 25 cl di latte intero fresco. Pan carrè oppure verdure facoltativo: olio al tartufo bianco o tartufo bianco in scaglie. Tagliate a pezzetti la fontina, ponetela in una ciotola e mischiatela al latte: lasciatela riposare per 4 ore circa, fuori dal frigo. In seguito in una pentola dal fondo spesso fate sciogliere il burro e unite la fontina con il latte. Tenete la fiamma bassa, mischiate con delicatezza e quando il formaggio è sciolto aggiungete i tuorli d’uovo, incorporandoli velocemente per evitare che solidifichino. Mescolate con calma e lasciate cuocere a fuoco bassissimo per 20 minuti. Aggiungete due cucchiaini di olio al tartufo bianco oppure qualche scaglia, se vi piace. Tagliate il pan carrè a quadratini oppure le verdure che preferite, cotte o crude, che poi potrete inzuppare nella fonduta. La fonduta può anche essere versata sulla polenta. Nel caso che decidiate di fare una cena a base di fonduta potete poi finire in bellezza con una fonduta di frutta sciogliete del cioccolato fondente e inzuppate spicchi di arance e mandarini, ma anche mele banane e chi più ne ha ne metta nell’apposito recipiente…. Buon appetito!
In una serata come questa….
In una serata come questa dove fuori piove e in alcuni luoghi addirittura sta già scendendo qualche fiocco di neve cosa ci può essere di meglio che un camino acceso e….una fonduta di cioccolato….. un dessert molto scenografico e davvero irresistibile. Per farla gli ingredienti, il tempo e gli strumenti necessari sono pochi: cosa stiamo aspettando?? Possiamo scegliere di fare una fonduta al cioccolato nero fondente o al latte oppure al cioccolato bianco e possiamo scegliere se e come aromatizzarla. E’ molto importante scegliere sempre un cioccolato con alta percentuale di cacao, per ottenere una fonduta vellutata e senza grumi. Acquistate 250 g di cioccolato fondente, al latte oppure bianco 150 ml di panna fresca frutta fresca a pezzi Rompete in piccoli pezzi il cioccolato e ponetelo insieme alla panna liquida oppure al succo di arancia in una ciotola e fate sciogliere lentamente e a bagnomaria, mescolando spesso. Quando sarà completamente sciolto e amalgamato, aggiungete due cucchiai di acqua freddissima e incorporate delicatamente: renderà più lucida la fonduta. Servite la fonduta calda nell’apposito contenitore accompagnata da frutta fresca a pezzi da infilzare a spiedini di legno. Buon appetito!!
Fiori di zafferano parola di Cracco
Lo chef Cracco l’ha scritto nel suo libro che il risotto zafferano e midollo è il piatto più figo “ma solo se usate lo scalogno al posto della cipolla! “quindi per lo zafferano, vien da pensare, ha sicuramente un debole. Sarà per questo che è stato proprio lo chef di grido ad acquistare in blocco i fiori di zafferano essicati per il suo ristorante prodotti dall’azienda agricola Serica, svuotandone tutte le scorte. Sì, avete letto bene: fiori di zafferano, non stimmi o pistilli!Non si tratta dunque di quei filamenti estratti dal fiore che tradizionalmente si usano per creare il tipico risotto alla milanese, quello a cui i preziosi e costosissimi pistilli donano un bel color giallo dorato. Si tratta invece proprio della corolla di Crocus sativus, lo stesso da cui i famosi pistilli provengono. E anche loro hanno la caratteristica di donare uno splendido colore: invece del giallo, i fiori del crucus sono di uno splendido violetto-blu. E c’è di buono che costano nettamente meno della spezia!L’azienda agricola che li produce nella Bergamasca li essicca ponendoli su grate vicino ad una stufa a legna e li propone come decorazioni e guarniture per piatti, trattandosi di fiori perfettamente commestibili. Una bella idea per rendere un prodotto vegetale già molto prezioso ancora più sfruttabile, creando qualcosa che si può utilizzare anche nelle cucine casalinghe per stupire ed incantare ospiti ed amici. E perché no, potremmo anche provare a coltivare noi stessi il bulbo dello zafferano direttamente sul balcone per guadagnare un tocco floreale tra i fornelli di casa: ci trasformeremo così in veri cuochi dal pollice verde!
Il burro va in frigo
Sapete qual è uno dei dibattiti più accesi in tema cucina a livello internazionale? A creare correnti, tifoserie e polemiche non è solo la corretta cottura della pasta, ma anche il miglior modo di conservare il burro. Proprio così. Il mondo si divide tra chi preferisce conservarlo in frigo e chi, invece, trova sia meglio tenerlo fuori. Sì, perché alcuni odiano usarlo mezzo sciolto, altri credono non ci sia niente di peggio del burro freddo e duro appena tirato fuori dal frigorifero, soprattutto in caso di preparazioni particolari. Insomma, chi ha davvero ragione? Esiste una risposta precisa che ci tolga il dubbio una volta per sempre? Burro in frigorifero, oppure no: chi ha ragione? La risposta breve al quesito tanto per accontentare i più agitati esiste: non c’è alcun problema a lasciare il burro fuori dal frigo, purché vengano rispettate alcune condizioni igieniche basilari. Ricordiamoci che stiamo parlando di un delizioso prodotto caseario composto per lo più da grasso, quindi molto meno vulnerabile ai batteri rispetto ad altri alimenti. Ancora meglio se parliamo di burro salato: il sodio contenuto lo protegge e ne facilita la conservazione. Ma veniamo anche alla risposta lunga: il burro non salato è più al sicuro in frigorifero, soprattutto se la temperatura in cucina si aggira intorno ai 21°C, ma potete comunque fare esperimenti facendo super attenzione a eventuali variazioni di colore/sapore del burro lasciato fuori. Burro fuori dal frigo: sì, ma a queste condizioni Avete deciso di provare a lasciare il burro fuori dal frigorifero per averlo sempre morbido e pronto all’utilizzo? Allora è necessario conservarlo dentro un contenitore ermetico: che sia un semplice contenitori appositi in plastica o in coccio, l’importante è che si chiuda per evitare che l’aria deteriori il burro più rapidamente. È imperativo tenere il contenitore sempre ben pulito: laviamolo accuratamente ogni volta che finiamo il contenuto.Il burro va conservato in frigo? Quanto dura il burro fuori dal frigo? Dipende: quello salato può durare anche più di due settimane soprattutto se in un contenitore di coccio, mentre quello normale dovrebbe avere una vita fuori dal frigo al massimo di una settimana. Occhi aperti: prima di utilizzarlo date sempre un’occhiata a come si presenta per non incorrere in brutte sorprese.