Fast food


Nati negli anni Quaranta del Novecento negli Stati Uniti, i fast food si sono estesi in ogni parte del mondo al punto da diventare un simbolo della ristorazione La principale ragione del successo delle grandi catene di fast food risiede nell’offerta di menù economici e veloci, che risponde alle esigenze di chi vuole spendere poco e non ha molto tempo per consumare un  pranzo fuori casa e veloce Per le stesse ragioni i fast food che offrono in genere hamburger, hot dog, patatine fritte ma anche pizze, sandwich, e gelati sono apprezzati da giovani e giovanissimi, che talvolta arrivano a farne un vero e proprio luogo di incontro e socializzazione. Negli ultimi anni, in particolare in Italia, in seguito alle polemiche relative ai cibi esageratamente ricchi di grassi e zuccheri e dallo scarso valore nutrizionale di cui i fast food tradizionali sono ritenuti i primi responsabili, sono andati diffondendosi varianti alternative di fast food: un caso tipico sono le hamburgherie che offrono hamburger di alta qualità, preparati con carni scelte e, in genere, “a km zero”. Accanto a queste è molto comune trovare nelle città italiane, soprattutto se si tratta di mete turistiche numerose possibilità di ristorazione veloce  dalla pizzeria al taglio al sushi bar che accontentano l’esigenza di rapidità offrendo al contempo una maggiore varietà gastronomica.

Una pizza al giorno

Siamo abituati a pensare alla pizza come ad un semplice alimento che può essere più o meno buono e digeribile a seconda degli ingredienti che si utilizzano, della lievitazione, del forno e dell’estro e la bravura di chi la prepara. C’è però un pizzaiolo che è convinto di poter far diventare la pizza una vera e propria medicina.Si tratta di Guglielmo Vuolo, ovviamente napoletano, che il 22 marzo ha presentato proprio nel capoluogo partenopeo una speciale versione della margherita che promette di essere terapeutica. La pizza, unica nel suo genere, proposta da Vuolo offre circa 600 Kcal ed è realizzata con ingredienti dell’Appennino Meridionale ben combinati tra loro e selezionati da Fausto Aufiero, promotore di Nutrire la Vita, progetto di bioterapia nutrizionale.La margherita terapeutica viene lievitata ad hoc, si evita in questo modo che rimangano parti di lievito attive nell’impasto finale, proprio quelle che possono dare fastidi e problemi digestivi a chi poi la consumerà.Ma la vera innovazione sta nell’impasto con cui è preparata la pizza, particolarmente digeribile e sano in quanto realizzato esclusivamente con acqua di mare purissima e made in Italy. La margherita così fatta è, secondo il suo ideatore, un pasto completo, buono, sano e a valenza iposodica.Con l’originale impasto verranno realizzate 5 differenti tipologie di pizze adatte a diverse situazioni tra cui il controllo del peso, l’attività sportiva e il benessere in gravidanza.

Anche la pizza subisce il coronavirus

Il lungo periodo di lockdown e le chiusure forzate non hanno giovato nemmeno a sua maestà la pizza Margherita che, dopo 131 primavere, rischia il collasso. In pericolo, causa il coronavirus, è il futuro di ben 63mila pizzerie e quello di circa 200mila addetti. Un settore, insomma, che pure ora conta i danni della terribile pandemia.A lanciare l’allarme è Coldiretti che in un’analisi ricorda come il fatturato della pizza nel mondo abbia superato di gran lunga i 100 miliardi di euro, confermandosi una pietra miliare del Made in Italy e un simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo, tanto che l’Unesco ha proclamato l’arte dei pizzaioli patrimonio immateriale dell’umanità.Nel periodo pre-Covid 19 solo in Italia si sfornavano circa 8 milioni di pizze La chiusura forzata dei locali ha avuto dunque un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione ma anche sull’intero sistema agroalimentare che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti. Durante il lockdown dovuto all’emergenza gli italiani non hanno comunque voluto rinunciare alla Margherita provando a farla in casa con il raddoppio delle vendite di preparati per pizze Con le prime riaperture in molti sono invece ricorsi prima alla consegna a domicilio e poi all’asporto pur di non farsi mancare il piatto simbolo del Made in Italy, anche se la ripartenza per i locali resta comunque difficile a causa di una diffusa diffidenza da parte di chi ha ancora paura, della chiusura di molti uffici con lo smart working e dell’assenza totale dei turisti stranieri, da sempre tra i più accaniti consumatori di pizza.

 

Il food delivery

Il food delivery si classifica come il settore più attivo della ristorazione. E’ quanto si segnala da una analisi Coldiretti secondo cui sono ben sono quasi 19 milioni gli italiani che nell’ultimo anno con regolarità 3,8 milioni e occasionalmente 15,1 milioni hanno consumato a casa cibo ordinato tramite una piattaforma web da ristoranti e pizzerie. Nel 2018 più di un italiano su tre ha dunque ordinato dal telefono o dal pc pizza,sushi, piatti etnici o veri e propri cibi gourmet, con sempre più ristoranti di qualità entrati nel giro delle piattaforme, , accanto alle quali si sono sviluppate numerose realtà locali. In cima alla lista delle motivazioni di ricorso al cibo a domicilio c’è il fatto di essere stanchi e non avere voglia di cucinare , ma c’è anche  che dichiara  di farvi ricorso in caso di cene con amici e parenti per stupire i commensali con piatti di qualità.La possibilità di farsi arrivare le pietanze pronte a casa facilita in questo modo l’organizzazione di momenti di convivialità anche quando non si avrebbe il tempo per mettersi ai fornelli. Non manca chi punta sul cibo per allietare le serate in casa ,chi per una cena intima di fronte a un cammino acceso, chi non ha tempo di prepararsi da solo i pasti  e chi non vuole rinunciare alla buona cucina senza dover uscire oltre a quelli desiderosi di provare piatti nuovi e originali e quelli che non sanno o non vogliono cucinare . A facilitare il ricorso al food delivery c’è il fatto che i tempi di consegna sono in alcuni casi prefissati e non superano i sessanta minuti ma è anche possibile stabilire una fascia oraria precisa mentre per quanto riguarda il pagamento è diffuso quello on line e non sempre è possibile quello in contanti. 

Pizza cocktail? Un pericolo culinario?

Pizza cocktail? Un pericolo culinario? Non è così, possiamo trovare l’abbinamento perfetto anche tra la tonda napoletana e la moderna mixologist. La pizza è ormai sbarcata anche nei bar e nei caffè, come piccolo pranzo, a metà mattina o nel pomeriggio, ma anche al piatto in quei bar che vogliono ampliare la loro offerta. State pronti, puristi del buon vino o amanti goduriosi dell’infinito mondo delle birre, sono sempre di più quelli che pensano che mangiare una pizza a suon di cocktail sia una cosa nobile.Che questo fenomeno sia in aumento lo dimostrano le lunghe liste di superalcolici mixati da grandi barman che popolano i menù di molti bistrò e ristoranti di nuova apertura in tutta Italia. È necessario però che il cliente dimentichi per un po’ la classificazione dei cocktail come pre-cena, o dopo-cena, perché davanti a sé si troverà uno dei tanti tipi di pizza da spizzicare degustando un cocktail nato dall’istantaneo e spontaneo estro del barman. Non dovete titubare se con una pizza vegetariana vi viene servito un Moscow Mule oppure un London Mule allungato con una ginger beer al pimento. È d’obbligo in questi casi darsi sempre del barman mixologist e scoprire magari che un Gin & Tonic può essere bevuto tranquillamente in abbinamento ad una classica pizza napoletana. Visto ad esempio che l’abbinamento Pizza & Champagne piace tantissimo e sempre più clienti lo preferiscono forse per rendere più importante la serata in pizzeria, perché allora perché non provare una pizza capricciosa con un bel Kir Royal preparato a regola d’arte? Lo troverete un abbinamento perfetto che gioca soprattutto sull’acidità con dei risultati sorprendenti.Oppure Il Martini Cocktail ad esempio che è un cocktail potente, elegante, intramontabile, il cocktail perfetto forse per una miriade di pizze; ma avete mai tentato di accostarlo ad una favolosa pizza agli asparagi bianchi e lardo di Colonnata? Il matrimonio Pizza & Cocktail è stato celebrabile ed il divorzio è davvero lontano!!!

 

Pizza Rossini

Nelle Marche, come nelle grandi capitali della pizza, c’è una città che vanta una propria originale versione. La città è Pesaro e la pizza è la Rossini. La base della Rossini è la stessa di una pizza margherita, con la diversità che sopra vengono adagiate delle fette di uovo sodo e, udite udite, una generosa dose di maionese. Si, maionese. E non fa niente se vi sembrerà una cosa da stranieri in visita turistica nel Bel Paese. Per i pesaresi è la pizza più gustosa, tanto che nelle statistiche delle vendite dei supermercati, si attesta tra le prime città in Italia per consumo di maionese. Sarà colpa proprio della Rossini?Di certo, c’è che questa tipica pizza deve il suo nome al celebre compositore marchigiano Gioacchino Rossini  la si può mangiare soltanto a Pesaro. Basta infatti uscire fuori dalle mura cittadine e vedrete che non esiste in altro luogo. I giovani studenti fuori sede creano video per la guarnizione, e ci sono pagine facebook dedicate agli eventi cittadini che riportano grafiche con lo sfondo della gloriosa pizza locale. Perfino il sindaco, in diverse occasioni pubbliche, ha lanciato l’idea di farne l’attrazione gastronomica della città.Negli anni sessanta una pasticceria del corso iniziò a proporre delle pizzette guarnite con uovo sodo e maionese. Un abbinamento “da tramezzino” o “da tartina” per l’aperitivo, che in città funzionava alla grande, tanto che le pizzerie al taglio iniziarono a proporla dandole il nome di Rossini Fu solo in seguito, con l’avvento delle pizzerie “al piatto” che la Rossini assunse l’attuale sembianza che oggi a Pesaro non manca in nessun menù delle pizzerie della riviera. Dalla pizza Rossini, sono nate poi le versioni ancora più ricche, come la “Rossiccia”, che con un ridondante gioco di parole, carica la pizza oltre che dell’uovo e della maionese, anche della salsiccia. L’abbinamento perfetto per la Rossini richiede una birra artigianale oppure un buon vino rosato o un bianco molto fresco.

Stasera pizza !!

Stasera pizza? Se ci tieni alla linea, scegli una senza formaggio e integrale, per mangiare con gusto e senza pentimenti il piatto conviviale per eccellenza, da gustare in giardino con gli amici, in pizzeria, a merenda, la pizza piace a tutti, bambini, uomini, e donne. Secondo dati Coldiretti gli italiani consumano circa 7,6 chili di pizza l’anno. A livello mondiale il primato se lo aggiudicano però gli americani, con oltre 13 chili. Per buona pace dell’ago della bilancia. Anche se, a onore del vero, la nostra pizza viene inserita troppo spesso nella lista nera degli alimenti da bandire in caso di dieta o di un girovita non proprio affinato. Il piatto simbolo può essere inserito con le giuste accortezze nel programma alimentare settimanale, come ci spiega la dottoressa Macorsini. La prima regola è non consumare le croste che non sono più caloriche rispetto al resto della pasta, le parti bruciate poi possono innescare la produzione di radicali liberi, dannosi per pelle e organismo. Per contenere l’apporto calorico, orientiamoci sulla quella cucinata con farina integrale, che conta circa 320 calorie all’etto, rispetto alla tradizionale farina di frumento 00 che sfiora le 350.Una pizza, in media, pesa 300 grammi e una margherita apporta 270 chilocalorie all’etto. Detto questo, l’amica della linea in assoluto è la pizza marinara, priva di formaggio, seguita dall’ortolana, e da quella al prosciutto. La più ricca? La quattro formaggi, con le sue 340 calorie all’etto. Se trascorriamo la serata in pizzeria, il pranzo precedente e il seguente devono essere a base di proteine pesce, carne e verdure, per compensare la carenza di questi nutrienti al momento della cena.

Come tenere i bambini a tavola al ristorante

Nell’eterna questione bambini al ristorante si o no, chi preferisce un locale senza bimbi di solito tira in ballo l’educazione dei piccoli, il loro essere rumorosi, piagnucoloni, il correre ovunque tra i tavoli, infastidendo gli altri clienti. Della serie “se hanno  inventato le babysitter un motivo ci sarà”. Ma basterebbe qualche regola di semplice buon senso, da parte dei genitori, per far si che la serata a cena fuori sia piacevole per loro, per i figli e anche per gli altri clienti che invece non hanno piccoli al seguito. Lo assicurano anche  esperti  di galateo, Bisogna ricordare che, com’è giusto che sia, i bambini sono per i genitori al centro del mondo. Ma è meglio per la quiete collettiva che non ci siano troppi centri del mondo nello stesso locale. Insomma, se a casa ciascun bambino può essere libero e attirare l’attenzione di tutti, in un ambiente pubblico ciò crea solo confusione. Se al ristorante o in pizzeria siamo a tavola con uno o più bambini, il tutto risate e giochi, chiacchiere e anche lamenti deve rimanere nel perimetro e circonferenza del tavolo, senza imporre agli altri la propria presenza. In merito al menu, i genitori dovrebbero sempre, quando scelgono un locale, informarsi sul menu e se c’è eventualmente la possibilità di fare variazioni. Non è carino mettere in crisi una cucina perché abbiamo deciso che il nostro bambino deve soddisfare tutti i suoi desideri per esempio pretendere il filetto di vitello in un ristorante di pesce. Una volta scelto il locale, si passa alla prenotazione. I genitori devono informare al momento della prenotazione che porteranno i figli, così il ristoratore o la pizzeria troverà un tavolo adeguato. Importante anche la sistemazione al tavolo, specie se la compagnia è composta da più coppie e più bambini: per il tavolo rettangolare in teoria gli adulti devono occupare la parte centrale con i bambini riuniti in due gruppetti ai lati, in base all’età o, se si preferisce, maschietti da una parte e femminucce dall’altra. Nel caso di tavoli tondi, se ne possono occupare due vicini, uno per i genitori e uno per i figli che saranno comunque sorvegliati da mamme e papà. I bimbi di solito mangiano meno non tutta la serie di antipasto, primo, secondo, dolce. Un’idea saggia è chiedere che il cibo per i bambini, magari solo un piatto unico, sia portato insieme agli antipasti, così non si sentiranno in disparte e nervosi. Il ristorante può essere una palestra, è tra i primi contatti della vita di società. Ma non può essere l’unica palestra. Si dovrebbe andare se e quando i bambini sono pronti a capire e vivere i tempi del pasto al ristorante, che non sono quelli di casa, dove magari in 20 minuti poi si torna a giocare. Meglio dunque che il bambino abbia già avuto esperienza di mangiare fuori casa così che possa accettare che le regole del ristorante non sono quelle di casa.

Cosa è meglio non ordinare al ristorante

Dopo anni e anni di moda del food sempre più diffuso, tendiamo ad esaltare per partito preso tutto ciò che ha a che fare con il cibo: ogni ristorante dove abbiamo mangiato dignitosamente diventa nelle chiacchierate con gli amici un luogo dell’anima, tutti i cuochi sono chef e anche il toast al bar della stazione merita di essere fotografato e condiviso su Instagram, facebook,twitter Eppure anche il mondo della ristorazione è pieno di mode stupide, locali che fanno proposte sbagliate e clienti che fanno richieste soltanto assurde. Chi più dei grandi chef può avere esperienza diretta di questo lato oscuro? Ecco alcuni consigli che dovreste sempre tenere in considerazione. Non ordinate il pesce il lunedì  La maggior parte dei ristoranti riceve gli ordini di pesce il giovedì o il venerdì per il weekend, e poi di nuovo il martedì per la settimana. Il lunedì spesso si smaltiscono gli avanzi del fine settimana, ma il pesce fresco mantiene intatte le proprie qualità per tre giorni al massimo. Per evitare guai, comunque, potete sempre chiedere da dove viene il pesce e quando è stato acquistato. Non ordinate cose diverse dalla specialità del locale. Sembrerebbe una regola banale, ma in molti non la seguono e di recente la ha ribadita Michael Armstrong, non ordinate gli spaghetti allo scoglio in pizzeria, il pesce al circolo dei cacciatori, gli spiedini di pollo in un ristorante di sushi. O se lo fate, poi non lamentatevi se il risultato è tutt’altro che gradevole. Non chiedete cambi di ingredienti. A patto che non siate allergici, non chiedete mai di sostituire, togliere o aggiungere un ingrediente in un piatto presente in carta. Se il ristorante è di buona qualità, lo chef sa quello che fa e cosa si abbina bene. Se gli ingredienti non vi piacciono, scegliete un altro piatto. Questo vi metterà al riparo anche dal rischio di stizzire i camerieri, il che come insegna la saggezza popolare non è mai consigliabile.

I prodotti vegetariani e vegani entrano nel paniere Istat

I prodotti per vegani e vegetariani entrano nel nuovo paniere Istat, usato come riferimento per la rilevazione dei prezzi e per il calcolo dell’inflazione. La scelta dell’istituto nazionale di statistica non stupisce, ma certifica il cambiamento nello stile di vita dei consumatori sottolineato già dal Rapporto Italia secondo i dati  presentati dall’Eurispes, gli italiani che non mangiano carne e pesce sono il 7,6%, di questi quasi la metà sono vegani. Un dato che viene confermato anche da un altro rapporto , che stima per i prodotti vegani un’impennata del 18% solo nell’ultimo anno, generando un fatturato di 357 milioni di euro .Non sono solo i prodotti vegetariani e vegani ad arricchire il paniere 2017. A rappresentare uno stile di vita nuovo ci sono 12 new entry nel settore beni e servizi  come i preparati di carne pronti da cuocere, i burger e i polpettoni. Infine, fanno il loro ingresso nell’ elenco dell’istituto di statistica anche due prodotti di grande tendenza negli ultimi anni: stiamo parlando delle birre artigianali e dei centrifugati di frutta e verdura comprati in bar e caffetterie. Per chi invece preferisce il fai da te, l’Istat inserisce nel paniere le macchine per fare centrifugati. Secondo l’istituto nel 2018 i prodotti alimentari assorbiranno il 16,5% della spesa del consumatori, in calo rispetto all’anno precedente. D’altro canto aumenteranno gli euro destinati alle  cene al ristorante e alle serate in pizzeria; i servizi di ristorazione incideranno, insieme a quelli alberghieri, per l’11,5% sulle uscite dei consumatori.