Questo fatto risulta essere fantastico poiché il miele è composto in gran parte da zucchero, ambiente in cui i batteri si propagano con molta semplicità. Il miele è composto da una bassa quantità d’acqua e un gran livello di acidità: il suo pH medio varia dai 3,2 ai 4,5. Questo rende difficile la vita di batteri o altro microrganismi, che vanno così a morire. Il miele ha tantissime ottime proprietà che sono state studiate e usate a scopo medico per lungo tempo, forse più a lungo di quanto si pensi. Archeologi hanno trovato all’interno di tombe Egizie vasetti di miele vecchi di 2.000 anni. Si pensi che Erodoto riferì che i Babilonesi seppellivano i loro morti nel miele e si avanza l’ipotesi che Alessandro Magno potrebbe essere stato imbalsamato in una bara colma di miele. Forse perché già allora si pensava che il miele fosse l’alimento eterno? Quando il miele diventa solido non significa che è scaduto, significa soltanto che alcuni elementi del glucosio, di cui il miele è composto, si stanno cristallizzato. Basta prendere il vasetto e immergerlo in una pentola di acqua calda per circa un minuto. Inoltre dobbiamo considerare il fatto che il miele è così composto al suo stato grezzo. Pertanto se mischiato con altri elementi non potrebbe mantenere questo suo lungo stato di conservazione.
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I fiori che non sembrano fiori
Nel mondo esistono un’immensità si specie di fiori, tutte bellissime come qualunque fiore che esista sulla terra. Ma, alcune di queste specie, dal nome scientifico impronunciabile, più che essere belle per forma e colore destano molti interessi ed anche ilarità perchè questi fiori non sembrano necessariamente fiori. Le loro sembianze infatti sono surreali: alcuni, hanno il volto di un animale, altri sono a forma di farfalla o di vespa ed altri ancora di uccello. L’Orchidea Omino, invece, altrimenti detta l’Orchis Italica od Orchidea dell’uomo nudo, ha una forma molto particolare perchè, guardandola, sembra proprio sia la figura di un omino. L’Orchidea Vespa assume le sembianze di una vera e propria vespa cartoonizzata e stilizzata tanto che, molte persone ignare che la osservano a primo impatto sono convinte ci si una vespa poggiata sui suoi petali e che non sia parte integrante del fiore. Per non parlare poi della Prostochea vespa, un fiore dai tentacoli variopinti, il Phalaenopsis, un genere di orchidea epifita che comprende circa cinquanta specie, tutte originarie dell’Asia e degli arcipelaghi dell’Oceano Pacifico e dell’Oceano Indiano, che assume davvero un aspetto particolare: il suo interno infatti assomiglia ad una falena, ma alcuni, giurano di vederci disegnato il volto di un passerotto o una farfalla. La Caleana Major invece, è conosciuta come l’orchidea a forma di papera: infatti, il suo aspetto, ricorda molto questa specie animale.
I droni sostituiranno le api ?
Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”, affermava Albert Einstein. Meglio dunque correre ai ripari, devono aver pensato in Giappone, dove sono stati creati i primi droni “impollinatori”. Grandi come un uccellino, volano delicatamente di fiore in fiore rubando il polline con la loro pancia pelosa, proprio come fanno api e farfalle. Questi robot volanti hanno una struttura piuttosto grezza e sono per ora telecomandati dall’uomo, ma in futuro, grazie a Gps e intelligenza artificiale, potranno volare autonomamente, formando sciami capaci di rimpiazzare i veri insetti impollinatori sempre più a rischio estinzione. Per giungere a questo risultato, i ricercatori giapponesi sono partiti da dei comunissimi droni a quattro eliche acquistati online. Per trasformarli in veri e propri impollinatori è bastato applicare sul fondo una striscia pelosa, prodotta con il crine di cavallo di un pennello: le setole sono state poi ricoperte con un particolare gel appiccicoso simile ad un adesivo attacca-e-stacca, che permette di prelevare il polline da un fiore per poi rilasciarlo sul fiore successivo. Con un po’ di pratica, i ricercatori sono riusciti a telecomandare i droni in modo che sfregassero delicatamente le loro setole sui fiori raccogliendone i granuli di polline. Sempre durante i test si è potuto osservare che il gel adesivo, colpito dalla luce, si mimetizza con l’ambiente circostante, riducendo il rischio di un attacco da parte di eventuali animali predatori. Nonostante l’impegno dei ricercatori giapponesi, il lavoro di impollinazione svolto dagli insetti è molto più complesso. Un’ape sceglie autonomamente se un fiore è adatto o meno a dare o ricevere polline e si coordina con un team di altre api, compiti affinati in milioni di anni di evoluzione, inoltre gli scienziati sembrano coscienti anche di un altro limite del loro drone: non può fare il miele, e meno male aggiungiamo noi, convinti che sia notevolmente meglio preservare le api che volano di fiore in fiore.
Insetti laboriosi
L’ape è un insetto molto speciale, vola di fiore in fiore raccogliendo nettare che poi trasformerà in miele. Il nettare è il nutrimento dell’ape adulta. Il miele è il cibo di riserva delle api. Volando di fiore in fiore raccolgono nettare che poi trasformerà in miele. Il nettare è il nutrimento dell’ape adulta. Il miele è il cibo di riserva delle api. Il polline d’api, insieme alla pappa reale ed alla propoli è un prodotto delle api che viene grandemente apprezzato dalla medicina naturale per via delle sue proprietà stimolanti, energizzanti e tonificanti sull’organismo. Esistono diversi tipi di polline d’api e numerosi sono gli studi scientifici che ne dimostrano la validità per la cura di diverse patologie. Il polline viene raccolto e trasportato all’alveare da questi industriosi insetti allo scopo di fornire cibo alla colonia, esso rappresenta, infatti, la materia prima utilizzata dalle api nutrici per produrre la pappa reale destinata all’alimentazione delle larve e dell’ape regina. Esattamente come il miele e il propoli, la composizione del polline d’api non è standard e varia in funzione delle condizioni ambientali e dei fiori e dei frutti circostante l’alveare. La disponibilità di diversi tipi di polline si differenzia infatti su base temporale a seconda del periodo specifico di fioritura di fiori e piante: così il polline d’api non solo varia di mese in mese ma anche di settimana in settimana e frequentemente anche da un giorno all’altro. Questi laboriosi insetti,succhiano polline, immagazzinano cibo per l’inverno, anche d’estate, sotto un sole pomeridiano che cuoce, la natura non cessa di alleggerirsi andando in vacanza, anzi lavora per addolcire la nostra vita.
ALVEARE AUTOSUFFICIENTE.
Flow Hive è l’alveare che permette a chiunque di diventare apicoltore. A differenza degli alveari convenzionali infatti, Flow Hive non necessita di manutenzione nemmeno per estrarre il miele: basta aprire un rubinetto e… servirsi.Le celle di questo alveare infatti vengono fornite alle api già parzialmente costruite: gli insetti si limitano quindi a riempirle di miele e a chiudere con la cera la parte mancante.All’apicultore non resta che inserire una cannula all’interno del favo, rompere le celle e lasciar fluire all’esterno il nettare senza nemmeno disturbare gli insetti, e poter quindi proporre questo delizioso nettare per dolcificare in maniera naturale delle profumate tisane, degli aromatici tè ma anche per gustarlo su delle fette biscottate 
Golanera un volatile collaboratore
In Africa, alcune popolazioni che trovano nella raccolta del miele una fonte notevole di sostentamento. Seguono l’indicatore golanera una specie di uccello diffusa nella fascia sub-sahariana, per trovare gli alveari più nascosti. Una ricerca rivela che questa cooperazione avviene grazie a una comunicazione bidirezionale: gli esseri umani usano speciali richiami per sollecitare l’aiuto degli uccelli e viceversa. Nel corso della storia, gli esseri umani hanno addestrato a collaborare con loro diversi tipi animali, soprattutto per avere un aiuto nella caccia: gli esempi più eclatanti sono il cane e i rapaci. La cooperazione con gli animali selvatici è invece molto più rara.Nello specifico caso gli uccelli golanera attirano l’attenzione dei raccoglitori di miele con uno specifico richiamo, e poi volano di albero in albero per segnalare la presenza di alveari.Gli uccelli indicano all’uomo alveari molto nascosti sui rami più alti degli alberi. Gli esseri umani, dal canto suo, possono allontanare le api con il fumo e rompere e aprire l’alveare, consentendo agli uccelli di mangiare la cera aiutandoli così a nutrirsi, dando così un contributo a far pervenire questo meraviglioso ingrediente essenziale per una ricca colazione per iniziare magnificamente una giornata di lavoro carica di benessere.
Api più indaffarate del solito
Gli insetti sembrano percepire il brutto tempo imminente e allungare, di conseguenza, l’orario di lavoro. Una scoperta che potrebbe aiutare a comprendere come questi insetti reagiscono al clima che cambia.C’è chi quando cambia, il tempo sente dolori alle ossa e chi, prima di un temporale, accresce la produttività: come le api, che sembrano percepire l’arrivo della pioggia imminente e aumentare le loro attività di foraggiamento prima che sia troppo tardi. L’intuizione arriva da Xu-Jiang He e dai colleghi della Jiangxi Agricultural University di Nanchang, China, che hanno monitorato con piccole etichette elettroniche di riconoscimento a radiofrequenza 400 api bottinatrici di tre diversi alveari. Per trentaquattro giorni i tag hanno protocollato, come i badge di un’azienda, i tempi di uscita e di ingresso degli insetti dall’alveare. Nei giorni precedenti l’arrivo della pioggia, le api hanno passato più tempo fuori dal loro alveare, rientrando più tardi a casa e lavorando più a lungo, verosimilmente in risposta a segnali come i cambi di umidità, temperatura e pressione barometrica che precedono l’arrivo della pioggia. La scoperta è per certi versi sorprendente, perché le api sono insetti attenti, che allestiscono scorte sul lungo periodo e non hanno bisogno di preoccuparsi per cercare cibo prima di un giorno di pioggia. Secondo alcuni entomologi, nello studio potrebbero aver influito anche altri fattori, come la fioritura concomitante di certi fiori.