Una colazione sprint

La colazione, come ribadiscono tutti i nutrizionisti, è forse il pasto più importante della giornata. Di sicuro lo è per i lavoratori, e la colazione può essere veramente un fattore determinante. Come si fa quindi a scegliere una colazione sprint per una giornata al massimo? Semplicemente optando per alimenti completi e energetici. La colazione deve essere la miniera dalla quale estrarre a poco a poco energia per affrontare l’impegno quotidiano. Quando facciamo colazione, rischiamo solo con lo zucchero del caffè, di ipotecare l’apporto glicemico di buona parte della giornata. Ecco quindi che bisogna prestare particolare attenzione a non assumere troppi zuccheri. Nel caso infatti in cui lo si faccia, garantiamo al fisico tantissima energia immediata, raggiungendo il picco glicemico. Per poi scendere purtroppo in picchiata in poco tempo e rimanere totalmente senza carburante. Brioche, cornetti, merendine e crostatine varie hanno il difetto di donare un falso senso di sazietà, che a breve sparisce. Molto meglio introdurre fette biscottate integrali con la marmellata, uova, succhi di agrumi e cereali.Inoltre bere un bicchiere di acqua tiepida appena alzati è il modo migliore di iniziare con una colazione sprint per una giornata al massimo. Ancora più importante, se non si soffre di disturbi gastrici, abbinare mezzo limone. La sua vitamina C infatti assicura energia e forza, unitamente allo smaltimento delle tossine, tramite la pulizia del fegato e dei reni. Oltre alla corretta alimentazione, per avere la giusta energie, è necessario seguire anche delle buone abitudini. Una di queste è senz’altro non far passare troppo tempo dall’ alzata alla colazione. Il tempo massimo calcolato prima di alimentarsi è di un’ora, altrimenti, il rischio è quello poi di avere così tanta fame, da mangiare troppo e male. Il metabolismo inoltre, che si muove come un orologio perfetto, rimane spiazzato dallo sfasamento dei tempi, compromettendo la sua funzione.

Quando i ricordi riaffiorano

Uno dei momenti più tristi della nostra vita é quando la porta della casa dei genitori  si chiude per sempre. Una volta chiusa quella porta non ci saranno più i pomeriggi felici con zii, cugini, nipoti, i nonni i fratelli e sorelle. E’ successo anche a voi? Non era necessario andare al ristorante la domenica. Si andava a casa dalla mamma. A Natale la mamma trivellava l’ozono con le sue fritture mentre il babbo  si dedicava all’arrosto girato facendo arrivare il profumo fino al cielo. La tavola era lunghissima e veniva apparecchiata nella stanza più grande. Ora la casa è chiusa non è  rimasto più nessuno. Un cartello vendesi appeso alla porta. Nessuno la vuole quella casa. È vecchia. Va ristrutturata. Costa troppo. Nessuno sa quanto vale quella casa . La casa dei genitori non ha un valore. E così passano gli anni. Non ci sono più regali di compleanno di Pasqua di  Natale da scartare tutti insieme. Pappardelle da mangiare. Ceste di verdure da pulire. Quando la casa dei genitori  si chiude ci ritroviamo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per loro rimarremo saremo sempre piccoli e indifesi. Sempre. La mamma avevano sempre il caffè pronto. La pasta. Il babbo il vino in cantina. Le caramelle. Poi un triste giorno finisce tutto. Non ci sono più le canzoni. Non si fa più la pizza nel forno a legna La mamma non friggerà più le patatine. Con loro era rimasto ancora  da fare la salsa di pomodoro ancora una volta. Il vin santo. I cenci. In giardino da a accatastare la legna, che solo insieme stava in piedi alta anche due metri.  Grazie per gli insegnamenti sulla vita. E sulla campagna. E sul giardinaggio. Capita di parcheggiare ancora oggi davanti a  quella casa e  la tentazione sarebbe di correre a  suonare il campanello. E di sentire la mamma  gridare che porco miseria non sono modi quelli. Non suonerò più il campanello. Al massimo quando mi capiterà di pensarvi di nuovo, come ora, canterò una canzone. La nostra quella preferita…… Un amore così grande……

Cioccolatini voglia irrefrenabile

Un cioccolatino, due, tre e così via. I piccoli pezzi di cioccolato sono proprio come le ciliegie: uno tira l’altro e se non ci obblighiamo a smettere finiremmo in pochi minuti una scatola intera di ghiottonerie al cacao. Ma da cosa dipende la voglia di commettere questi piccoli peccati di gola? Dal nostro cervello.Avere la voglia di mangiare tanti cioccolatini dopo averne mangiato uno dipende dall’encefalina, una sostanza chimica prodotta dal neostriato  del nostro cervello quando mangiamo alimenti per noi gratificanti. L’encefalina agisce come una droga, aumentando il desiderio dei cioccolatini minuto dopo minuto. La scoperta è stata compiuta da un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan guidati da Alexandra Di Felice, che hanno osservato le reazioni dei topi di laboratorio davanti a dei dolci al cioccolato. Gli studiosi hanno osservato che i roditori inghiottivano il doppio di cioccolatini quando il neostrato veniva stimolato con un farmaco e che, durante l’abbuffata, il neostriato aumentava la produzione di encefalina.La scoperta che la voglia matta di cioccolato dipenda dal neostriato del cervello può portare ad importanti sviluppi medici contro l’obesità. Controllando il cervello si potrà controllare anche gli stimoli della fame nervosa e golosa

L’era dei telefonini

Chi era Francisco Tárrega? Eppure, il suo Gran Vals è il brano musicale più ascoltato nella storia della musica. Tutti lo abbiamo sentito corrisponde infatti alla suoneria per cellulari più famosa del mondo. La Nokia ne acquistò i diritti d’uso e da allora non passa giorno in cui non ci capiti di ascoltare le note del chitarrista spagnolo L’ingegnoso oggetto nato per consentirci di telefonare senza filo è ormai un fattore critico dell’evoluzione della specie Ha modificato il nostro stile di vita. Vuoi mettere la soddisfazione di gestire uno smartphone di ultima generazione come se fosse una  plancia di comando degli “infiniti mondi”?. È stato stimato che i margini di sviluppo del traffico mobile siano enormi. La dipendenza da telefonino, è destinata a diventare una forma di schiavitù. Si prevede che nel 2020 ci saranno nel mondo 50 miliardi di dispositivi connessi alla rete. Nel 2011, le quattro sorelle della telefonia mobile Vodafone, Tim, Win e 3 Italia hanno fatturato oltre 25 miliardi di euro. Quando non sappiamo cosa dirci ce lo diciamo al cellulare. Iniziamo con la domanda rituale “cosa stai facendo?” o “dove sei?”. È ininfluente sapere se il nostro interlocutore sta bene. Tanto, è di noi che intendiamo parlare. Ascoltare? Sì, ogni tanto ma distrattamente… Sentirci reperibili senza soluzione di continuità, a disposizione 24 ore su 24, tant’è che moltissime persone non spengono mai il cellulare e se lo portano anche in bagno per il timore di perdersi una chiamata, alla lunga comporta l’accumulo di stress. Il cellulare, trasformatosi da strumento a must, da supporto comunicazionale a idolo, è al centro delle nostre attenzioni anche in vacanza. Il telefonino rende più dipendenti dagli altri, più emotivi e più ansiosi. Abusarne per inviare sms non ha indebolito solo le relazioni sociali, sempre più frettolose e superficiali, ma anche la padronanza del linguaggio. Ci stiamo involvendo, è chiaro, però le nostra dita sono diventate talmente veloci che in una sfida vinceremmo contro qualunque pistolero del Far-West. Quanto tempo perdiamo nell’arco di un giornata per controllare se la batteria è carica e quante tacche ci sono, se vibra, se abbiamo ricevuto messaggi e chiamate, se è ancora nelle nostre borse o l’abbiamo smarrito? La verità è che il cellulare non è più uno strumento per comunicare ma un palliativo al vuoto esistenziale, un cordone ombelicale affettivo, un amico vincolante. È come la coperta di Linus. Peccato che anziché infondere sicurezza promuova comportamenti compulsivi

La lavatrice portatile che rivoluzionerà il mondo del bucato

Viaggiate spesso per lavoro e, trovandovi spesso fuori casa, non potete mai fare la lavatrice? Se siete stanchi di spendere capitali in lavanderia, per voi è arrivata la soluzione ideale. Si chiama Dolfi ed è una “lavatrice da viaggio” che si può portare sempre con sé anche all’interno della borsa. E’ piccola, silenziosa innovativa e consente di ottenere risultati clamorosi: ecco qual è la tecnologia che consente di togliere facilmente le macchie dagli indumenti.Si chiama Dolfi ed è la cosiddetta “lavatrice portatile” che entra all’interno di una borsa, così da permettere a tutti di fare il bucato ovunque si trovino. A idearla è stato Andrea Fangueiro, fondatore di una società olandese, che ha dato vita a questa tecnologia super innovativa per dire addio alle lavanderie. Basta collocare il dispositivo all’interno del lavandino pieno d’acqua e, grazie a una tecnologia a ultrasuoni, una volta acceso quest’ultimo sarà capace di detergere i tessuti senza danneggiarli, togliendo con facilità anche le macchie più ostinate. Il tempo necessario per un ciclo completo è di 60 minuti ma i risultati saranno davvero impressionanti, tanto che sarà praticamente impossibile vedere una camicia o un indumento ancora sporco Quanto costa? Solo 163 euro, e può essere acquistato su internet Di sicuro la “lavatrice da viaggio” sarà amatissima da tutti gli amanti del campeggio e da tutti coloro che girano il mondo per lavoro e che sono stanchi di riempire la loro valigia di abiti di ricambio. A partire da questo momento si potrà dire addio al bucato fatto a mano e alle lavanderie.