Il sale al finocchietto è un sale aromatizzato con i semi o le foglie di finocchio, una pianta selvatica che cresce in molte zone d’Italia. Il sale al finocchietto si usa per insaporire carni, pesci, verdure e altri piatti tipici della cucina mediterranea. Per preparare il sale al finocchietto in casa, ti basta seguire questi semplici passi: Lava e asciuga bene il finocchietto, scegliendo le parti più profumate e fresche. In un mixer, frulla il sale grosso o fino con il finocchietto, aggiungendo eventualmente altre erbe aromatiche, spezie o scorze di agrumi a tuo gusto. Stendi il sale aromatizzato su una teglia rivestita di carta forno e fai asciugare in forno a bassa temperatura circa 80° per una mezz’ora, oppure lascialo essiccare all’aria e al sole per qualche giorno. Conserva il sale al finocchietto in un barattolo di vetro o un contenitore ermetico per preservare il suo aroma. Con il sale al finocchietto potrai cucinare dei gustosi Taralli al finocchietto, delle Uova barzotto con salsa bernese al finocchietto, fave, pancetta e pane croccante
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Arriva Wood*ing bar
In un quartiere di Milano arriva Wood*ing bar, e porta ingredienti antichi e mai sentiti Siamo un popolo di poeti, santi e allevatori, ma in una cultura culinaria che sta danneggiando irrimediabilmente il pianeta forse è il caso di tornare a bere e mangiare a impatto zero. In pratica, sarà meglio tornare a fare i raccoglitori. È la filosofia di un nuovo bar aperto da poco a Milano, dove il “nuovo” ha un valore radicale. Wood*ing bar, mette in pratica la disciplina del foraging, quella di andare solamente a caccia di piante selvatiche commestibili per l’uomo. Un passo in più rispetto ai vegetariani, perché il foraging tende a escludere gli alimenti coltivati che comunque richiedono spreco di energie e risorse. Lo chiamano bar endemico, il primo al mondo nel suo genere, proprio perché si affida alla sola natura selvaggia per esistere, e farci bere. La nuova disciplina si unisce infatti alla Wild Mixology, un modo diverso di intendere i cocktail e la miscelazione. La Bibbia di questo sapere è il libro scritto dalla chef Valeria Mosca, che ha fondato un laboratorio di ricerca nel 2010 e adesso questo bar. Che non è un cocktail bar, visto che non c’è traccia del bancone. Appena si entra, c’è un ambiente rustico con pareti scrostate e piante selvatiche incorniciate. Sembra una villa di campagna restaurata con gusto semplice. Entri e ti siedi su tavoli sociali, pianali lunghi e comunitari Poi arriva la lista dei cocktail, e il menù selvatico. Per bere, si può scegliere il #2, niente nomi di fantasia e niente fronzoli, nella filosofia del cocktail endemico, fatto con gin, succo di mirtillo, kombucha, miso di pere e miele fermentato. Una miscela corposa e opaca, morbida al palato e intensa nel retrogusto. Oppure puoi ordinare il #10, un cocktail secco e vivace con bourbon, bitter fatti in casa e amazake. Dalla lista dei cocktail c’è perfino da imparare: l’amazake è un composto dolce giapponese ottenuto dalla bollitura del riso, ricco di vitamine del gruppo B, enzimi e fibre. I cocktail selvatici del Wood*ing nascono per farsi bere, ma vogliono far del bene come un infuso di erbe.
