Il tuo cervello non si inganna

Mangiare in un piatto più piccolo per persuadersi di avere di fronte una porzione abbondante è un imbroglio a cui il nostro cervello non cede, soprattutto quando abbiamo fame: la moda delle diete degli ultimi anni sarebbe del tutto inutile e abbiamo comprato un servizio di piatti nuovo che potevamo evitare. Questo è quanto sostengono i ricercatori della Ben-Gurion I ricercatori sono partiti dall’illusione ottica osservando la moda dei ristoranti e delle diete degli ultimi anni di servire le portate in piatti più piccoli, facendoci credere di avere di fronte a noi portate più grandi, gli scienziati si sono chiesti quanto in realtà il nostro cervello ci cascasse. Per capirlo gli esperti hanno analizzato il modo in cui la privazione del cibo influenza la nostra sensazione del cibo in diversi contesti, hanno così chiesto ad un gruppo di persone che non mangiavano da almeno tre ore di individuare le proporzioni di pizza messe in piatti più o meno grandi e hanno scoperto che erano in grado di distinguerle molto meglio rispetto a coloro che invece dovevano affrontare lo stesso compito però a stomaco pieno. Dopo, gli esperti hanno chiesto di eseguire la stessa richiesta però confrontando dei cerchi con delle figure geometriche: in questo caso i gruppi, a digiuno e non, hanno dato gli stessi risultati. Nell’ultimo decennio  affermano gli esperti  i ristoranti e le altre aziende alimentari hanno utilizzato piatti via via più piccoli per adeguarsi al pregiudizio intuitivo che ci avrebbe portati a ridurre il consumo di cibo. Questo studio smentisce questa convinzione: quando le persone hanno fame, specie quando stanno a dieta, hanno meno probabilità di essere ingannati dalle dimensioni del piatto, più probabilmente rendendosi conto che stanno mangiando di meno.

 

Il profumo della felicità

La felicità potrebbe transitare per il naso… Quando gli scienziati avranno trovato la “ricetta” giusta per il profumo perfetto, quello che attrarrà tutti a prescindere  dai gusti, dall’età e dal paese di provenienza. Che profumo ha la felicità? Gli scienziati dei sensi non sono ancora arrivati a comprenderlo, ma sperano di farlo presto, ricercando il modo con cui avvertiamo i profumi. Lo stesso profumo per qualcuno è percepito come buono e per altri come sgradevole. Negli USA per esempio l’odore dei crisantemi è delizioso, mentre a noi ricorda i cimiteri. Ma, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è solo una questione di abitudine Per gli esperti della Cardiff, ci sono certamente fattori culturali che influenzano le nostre reazioni: per esempio alcune fragranze come la lavanda, che a parole suscitava una percezione di rilassatezza per alcuni volontari, non ha fatto registrare in realtà gli stessi esiti sul cervello di tutti. Per alcuni si è dimostrata rilassante mentre per altri appariva piuttosto “eccitante”.  Verosimilmente la sensazione di relax era indotta dalla consuetudine. Mettendo insieme tutte le  fragranze “innate” allora, forse un giorno sarà possibile creare un profumo universale, che vada bene per qualsiasi era, capace di persuadere in tutti una generale percezione di benessere, ricordando il “profumo” della felicità.poesia