Se lo stomaco vuoto vi trasforma in colleghi o partner intrattabili, vi potrà forse tornare utile sapere che la rabbia da fame non è quasi mai soltanto una questione di “chimica”: al classico calo di zuccheri spesso citato in questi casi, si aggiungono più complesse dinamiche emotive, indagate in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Emotion. Secondo un gruppo di neuroscienziati della North Carolina (USA), all’aggressività da appetito contribuiscono due altre variabili fondamentali: il contesto in cui ci si trova, e la consapevolezza del proprio stato emotivo. «Non è che appena si ha fame si inizi a inveire contro l’Universo», a tutti è capitato prima o poi di avere fame, riconoscere la sensazione sgradevole connessa, afferrare un panino o mangiare un piatto di pasta e sentirsi meglio. Abbiamo trovato che la rabbia da fame si verifica quando si interpreta quella sensazione spiacevole come un’emozione forte connessa ad altre persone, o alla situazione in cui ci si trova». Connessa al contesto, insomma. Non sei tu: non ho ancora fatto colazione… Anche la consapevolezza delle proprie sensazioni corporee sembra influire: chi riconosce di sentirsi affamato, tende anche a cedere meno all’aggressività da fame.
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L’innamoramento provoca inappetenza
Quando ci innamoriamo il nostro cervello aumenta la produzione di dopamina, noradrenalina e feniletilamina neurotrasmettitori che invadono il corpo e scatenano reazione fisiologiche, quali il battito cardiaco accelerato, l’aumento di sudorazione, l’euforia, l’eccitazione, l’insonnia e anche… il minore appetito. È proprio la PEA, sostanza chimica con una struttura simile a quella delle anfetamine, che ci riempie di entusiasmo amoroso ma chiude lo stomaco. Non si sa precisamente come questo neurotrasmettitore agisca sull’inibizione della fame, ma la sua “esplosione” nel nostro organismo durante la nascita dell’amore ci regala moltissima energia ed eccitazione emotiva. Nella fase iniziale della passione, quando si desidera ardentemente l’altra persona, senza però che si sia ancora instaurata una relazione a due, l’organismo è inondato dagli ormoni dello stress. È il classico “sfarfallìo” del cuore, che chiunque ha sperimentato di fronte all’uomo o alla donna per cui ci si è presi una cotta, spesso accompagnato da vampate di calore, viso che arrossisce, mani che sudano. Reazioni improvvise, incontrollabili, spesso persino inaspettate, legate a momenti intensi vissuti insieme alla dolce metà.Se poi Cupido mette bene a segno le sue frecce, i tremiti lasciano il posto all’euforia: l’amore, ricambiato, è travolgente, folle, smodato. Energia allo stato puro che spazza via il sonno, la fatica e, appunto, la fame. Perché, in un certo senso, è come se ci nutrissimo solo d‘amore. E anche Dante, pur non conoscendo la “chimica dell’amore”, è risaputo che soffrì di inappetenza, quando si innamorò di Beatrice.
Falsi miti sullo zucchero
Lo zucchero, croce e piacere. Dolci, caramelle, snack, ma non solo. Lo troviamo anche in formaggi, succhi di frutta, nelle bibite gasate e persino negli insaccati. Lo zucchero è praticamente ovunque e onnipresente sulla nostra tavola. Ma lo zucchero fa male? Una delle domande più controverse che non trova una risposta univoca e puntualmente chiama in causa navigati esperti. Da una parte, chi sostiene che sia fortemente cancerogeno, causa principale dell’insorgere di danni al fegato e obesità, per non parlare di quanto sarebbe nocivo per la salute di denti e pelle. Secondo altri, invece, sarebbe fondamentale per dare energia a pronta presa sia ai muscoli, cuore compreso, sia al cervello, come a tutte le cellule del nostro organismo. Vediamo alcuni casi…Anche se chi soffre di diabete lotta per controllare il livello di zucchero nel sangue, va spiegato che questo è solo il sintomo della malattia, non la sua causa. Un tipo di diabete è causato dal sistema immunitario che attacca le cellule produttrici di insulina e quindi non ha nulla a che fare con il consumo di zucchero. Per l’altro tipo invece sono da ricercare in un mix di genetica e stile di vita. Mangiare troppo zucchero contribuirà sicuramente ad aumentare i rischi di ammalarsi, è vero, ma proprio come mangiare pizza e patatine stravaccati sul divano invece di uscire e fare una passeggiata. Lo zucchero provoca iperattività.È una leggenda così famosa che persino i Simpson ne parlano in un loro episodio: lo zucchero rende i bambini iperattivi. Mamme tranquille: gli studi smentiscono categoricamente. Lo zucchero provoca le carie.Lo zucchero non ti fa cariare i denti, ma è l’acido a farlo. L’acido è prodotto dai batteri che si nutrono di zucchero, ma anche di carboidrati, cereali e frutta etc. Quindi è ingiusto attribuire tutta la colpa allo zucchero
Una forchetta di felicità
Una forchettata di felicità immediata, da addentare all’occorrenza, quando siamo giù di morale e abbiamo voglia di fare il pieno di buonumore senza troppi sforzi. Con la dieta del sorriso è possibile. Un regime alimentare che unisca i cibi che rilassano, calmano e rilasciano sostanze positive nel nostro organismo.A colazione partiamo con uno yogurt greco, più ricco di calcio di quello tradizionale. Il calcio stimola il corpo a rilasciare neurotrasmettitori legati al benessere ed al buonumore. Per dolcificare usiamo il miele che riduce l’infiammazione, ostacola i radicali liberi e ha funzione antidepressiva. Per quanto riguarda il pesce sì ai mitili. Le cozze sono ricche di vitamina B-12 che protegge la guaina del cervello e previene l’invecchiamento cerebrale. Sono inoltre una grande fonte di zinco, iodio e selenio, nutrienti che mantengono sana la tiroide e ci aiutano a regolare l’umore. Accompagniamo il pesce con la verdura, le bietole sono la scelta migliore perché sono ricche di magnesio che accresce i livelli di energia e agisce come antidepressivo. Sì anche agli asparagi, fonte naturale di triptofano, che serve come base per la creazione di serotonina, l’ormone del buonumore. Infine, via libera a tutti i tipi di pomodori e pomodorini, ricchi di licopene, una sostanza che contrasta l’infiammazione, principale fattore di depressione. Come dolce scegliamo il cioccolato fondente, una scossa di energia per il cervello ed un toccasana per l’umore.
Memoria super
Mai come in questo periodo dell’anno il cervello ha bisogno di un aiuto per la memoria e la concentrazione. E i cibi possono essere di grande aiuto. Del resto, l’inverno è uno dei periodi più critici dell’anno: dopo la lunga pausa estiva, si è tornati al lavoro e sui banchi di scuola, e dunque agli abituali ritmi produttivi. La stanchezza è quindi uno dei primi “prezzi da pagare” al nostro stile di vita, ma non bisogna concedere che il calo dell’energia deprima le forze intellettuali e il sistema immunitario. Per questo bisogna riempire la tavola di cibi per la memoria e la concentrazione. Ecco alcuni cibi che aiutano di più la memoria, lo zucchero bianco e i dolci alzano i livelli di glucosio nel sangue, aumentano la fame nervosa e favoriscono sonnolenza e calo della concentrazione. Vanno ridotti: via libera a pesce azzurro, legumi e uova non più di 3 alla settimana, fonte di proteine e grassi buoni che nutrono il cervello. Al mattino nel latte o a merenda spalmato su una fetta di pane integrale, il miele di millefiori è ricchissimo di calcio e magnesio, necessari quando ci si sente stanchi. Anche i fichi, ricchi di zuccheri buoni, sono un toccasana per la mente stanca e la memoria: si gustano freschi o si fanno cuocere in poca acqua, con un cucchiaino di miele per trasformarli in marmellata.
Riprogramma il cervello alla felicità
I ricercatori di Princeton hanno inserito cavie da laboratorio in programmi di 6 settimane di esercizio aerobico comparando le cellule cerebrali con un gruppo rimasto inattivo; dopo sei settimane, i ricercatori hanno rilevato che gli animaletti sottoposti ad attività fisica avevano cellule cerebrali che mantenevano il corpo il uno stato di calma quando sottoposti a stress. Quelli che invece non erano stati inseriti nel programma di attività fisica continuavano a reagire con una forte reazione quando sottoposti a situazioni di stress. Questa importante scoperta ha portato i ricercatori ad affermare che attività fisica può realmente “modulare” l’attività cerebrale per renderlo più resistente all’ormone dello stress e mitigare gli effetti negativi indotti dai suoi alti livelli. Corri che ti passa In caso di forte stress, le nonne consigliavano di fare un respiro profondo oppure un bagno caldo e tutto passava. “Dal momento che la risposta allo stress è soprattutto fisica, ovvero il cervello stimola il rilascio di certi ormoni che influenzano l’aumento della pressione e del battito cardiaca, non è sempre possibile gestire lo stress semplicemente facendo un respiro profondo” sottolinea Monika Fleshner,. Una recente ricerca della Scuola di Medicina di Yale, ha rivelato che lo stress può essere responsabile anche dello sviluppo di comportamenti di dipendenza e adesione a cattive abitudini perché danneggia quell’area del cervello che è deputata all’auto controllo e al processo decisionale. Per di più, come ha rivelato la ricerca dell’Università di Princeton, stimolare il corpo facendo esercizio fisico può essere il più efficace antidoto allo stress. Pertanto, rispolverare le scarpe da ginnastica, uscire a fare una lunga passeggiata ogni giorno sembra essere più efficace di qualsiasi altro rimedio.
Quello che mangi potrebbe cagionare il cervello
E se la salute del cervello dipendesse dalle nostre abitudini alimentari? E se il crescente aumento di demenza senile fosse collegato all’eccessivo consumo di zuccheri a grassi saturi?Qualcuno ha iniziato a pensarci seriamente mettendo insieme dati come l’allungamento dell’aspettativa di vita, che sicuramente incide sull’aumento della demenza, malattia tipica del cervello che invecchia, e l’abitudine a mangiare junk food, palesemente ricco di grassi saturi e zuccheri. Tra i più convinti sostenitori che cibo e demenza siano correlati, c’è Suzanne de la Monte, che ha addirittura proposto di chiamare la demenza diabete di tipo 3 per distinguerlo La ricercatrice, durante i suoi esperimenti che le sono valsi diverse pubblicazioni, notò che se nutriva le cavie con cibi ricchi di grassi, zuccheri e quindi cibo ipercalorico, le performance cognitive diminuivano velocemente fino a giungere a vere e proprie manifestazioni di demenza. La correlazione junk food e demenza è stata dimostrata anche nell’uomo. Susanne Craft, pioniera negli studi sull’Alzheimer, dopo aver nutrito per 30 giorni un gruppo di volontari con una dieta ad alto tenore di zuccheri e grassi, e un altro gruppo con una dieta povera di zuccheri e grassi, ha dimostrato che nel gruppo nutrito a junk food il liquido cerebrospinale presentava un aumento di una proteina che nell’Alzheimer si deposita fino a devastare intere aree cerebrali. In un altro studio, la ricercatrice ha somministrato insulina spray a un centinaio di volontari dimostrando che migliorava la capacità decisionale, la memoria e le prestazioni cerebrali. I suoi studi si sono dimostrati così convincenti che il National Institue of Health ha finanziato le sue ricerche con un’enorme somma di denaro, quasi 8 milioni di dollari, per capire se l’insulina e gli antidiabetici orali possono essere usati come cura contro l’Alzheimer.
Illusioni ottiche
Nel 350 A.C. Aristotele notò che guardando una cascata d’acqua e dopo concentrando la vista sulle rocce statiche, effettivamente sembra che esse si muovessero nella direzione opposta a cui cadeva l’acqua. Oggi giorno esiste una spiegazione per questa illusione ottica che chiamiamo ¨conseguenza del movimento”. Quando il filosofo notò questo fenomeno, dichiarò che non potevamo fidarci dei nostri sensi, perché in determinate occasioni ci ingannano. Il cervello, per quanto potente, deve comunque sottostare ad una serie di limiti fisici invalicabili. Fra questi, uno assume particolarmente importanza: la velocità. La spiegazione delle illusioni ottiche può essere riportata a questa limitazione o, per essere più precisi, al modo in cui la mente cerca di aggirarla. È difatti risaputo che da quando l’occhio vede un’immagine a quando essa viene processata dal cervello, permettendoci quindi di interpretare i segnali visivi, passa circa un decimo di secondo. In altre parole, quello che noi effettivamente vediamo non è il presente, bensì il passato. Un decimo di secondo può sembrare molto poco, ma in certe situazioni potrebbe diventare un vero handicap: basti pensare a quando si deve afferrare un oggetto in volo, o quando si devono coordinare movimenti molto veloci. Ci sono vari studi sul come la mente compensi questo limite, e ad oggi non c’è una soluzione che metta tutti d’accordo. Secondo le ricerche del Dottor Mark Changizi il cervello vede nel futuro. Resosi conto dell’incapacità di processare subito gli stimoli visivi, per non rimanere indietro con la realtà, interpreta ulteriormente i segnali inviati dagli occhi: cerca di prevedere cosa succederà nell’immediato futuro, e si basa su quelle informazioni per capire la realtà che ci circonda. In particolare, il cervello prevede il movimento in base ai dati che ottiene nel tempo, e prevede in anticipo cosa succederà fra una frazione di secondo. Ed è proprio qui che le illusioni ottiche come quella mostrata sotto agiscono: gli schermi LCD e le immagini in generale sono un’invenzione molto recente, e il cervello non si è evoluto in modo da riuscire ad interpretarle correttamente. Quindi comprende i disegni e le linee come degli oggetti e cerca di intuire che tipo di movimento potrebbero avere. A seconda dell’illusione ottica che guardate l’immagine suggerisce al cervello un tipo diverso di movimento, creando una distorsione della stessa.
Sogni a occhi aperti …allora sei…
Una ricerca del Georgia Institute suggerisce come sognare ad occhi aperti durante delle riunioni non sia necessariamente una cosa negativa, ma potrebbe essere un segno di intelligenza e creatività.Uno studioso e i suoi colleghi hanno misurato i modelli di attivazione cerebrale di più di 100 persone attraverso la risonanza magnetica Ai partecipanti era chiesto di concentrarsi su un punto di fissazione statico per cinque minuti, e nel frattempo venivano misurate le attivazioni cerebrali durante il compito e durante un periodo in cui non veniva svolto alcun compito a riposo.I partecipanti hanno inoltre compilato un questionario per misurare quanto la mente vagava durante l’arco della giornata. Coloro che hanno riferito di sognare di più ad occhi aperti durante l’arco del giorno hanno anche ottenuto un punteggio più alto nelle capacità intellettuali e creative. La gente tende a pensare che vagare con la mente sia necessariamente qualcosa di negativo perché lo si vede come una mancanza di attenzione Gli studi sono coerenti con l’idea che ciò non sia sempre vero. Alcune persone hanno menti e cervelli più efficienti, pur avendo una maggiore tendenza a vagare con la mente. Avrete sicuramente in mente il professore distratto, o qualcuno che è brillante, ma fuori dal suo mondo, a volte ignaro del proprio essere. Oppure i bambini, intellettivamente più dotati degli altri, che seguono lezioni per loro facilmente comprensibili. Mentre i loro compagni possono richiedere cinque minuti per imparare qualcosa di nuovo, loro capiscono in un minuto, quindi poi hanno tempo di distrarsi. Gli autori dello studio ritengono che questi risultati possano promuovere ulteriori ricerche per capire meglio quando il vagare della mente è nocivo e quando può effettivamente essere utile. Ci sono importanti differenze individuali da considerare, come la motivazione di una persona o l’intenzione di rimanere concentrati su un compito particolare pertanto stare seduti in giardino guardare il cielo e fantasticare 
Combattere l’invecchiamento…celebrale
Per vivere meglio bisogna prevenire. I cinquantenni di oggi possono prepararsi adottando norme dietetiche e fisiche: si tratta di non oltrepassare il peso forma, difficilmente riottenibile una volta che si è ingrassati troppo, e di ridurre le proteine nella dieta soprattutto riducendo la carne a favore di frutta e ortaggi. È intorno ai 50 anni, ma anche prima, che si previene l’osteoporosi, bevendo più latte, preferendo i formaggi freschi a quelli invecchiati che liberano componenti acide, negative per le ossa, ingerendo più sostanze alcaline che combattono l’acidosi, causa dell’osteoporosi: bisogna perciò mangiare più insalata, arance, pomodori, banane, broccoli e cavoli e, soprattutto, spinaci. Ecco una specie di decalogo sullo stile di vita ideale per tenere in efficienza il cervello: Iniziate un programma di ginnastica «dolce» che mantenga il corpo in buona efficienza e migliori la circolazione cerebrale, fatto essenziale per tenere la mente in forma. L’attività fisica riduce l’ipertensione, ma se avete la pressione alta è necessario controllarla con farmaci adatti alla terza età. Camminare per almeno 20-30 minuti al giorno è un ottimo esercizio per il corpo. Se lo si fa insieme a un amico, se ne traggono anche benefici di tipo «sociale» . Se praticate uno sport, evitate tutte quelle attività che possano portare a traumi: se si va in bicicletta bisogna portare un casco da ciclista. Se siete dei fumatori, smettete il più presto possibile: fumare fa male ai polmoni, al cuore, ai vasi e, di conseguenza, al cervello. Non eccedete nel bere alcolici: due bicchieri di vino al giorno per gli uomini, uno per le donne, possibilmente di vino rosso. Dormite in abbondanza: il sonno riposa il corpo e durante il sogno il cervello viene stimolato. Ma la cosa più importante è mantenere vivo un interesse o un hobby che tengano occupati, stimolino la mente, mantengano in esercizio la memoria. È quindi fondamentale tenere viva la mente e continuare ad aggiornare i propri schemi mentali facendo, per quanto possibile, nuove esperienze.
