A volte le tecniche più semplici sono anche le più efficaci. È il caso della “pratica dei tre respiri“. In condizioni normali, la nostra mente si allontana e perdiamo del tutto il contatto con il nostro corpo e con il qui e ora. Quando ce ne accorgiamo, possiamo solo arrestarci per qualche istante e fare tre respirazioni, con calma.Tutto qui. L’interessante di questa pratica è la sua facilità: è breve e semplice e la si può ripetere molte volte, nel corso della giornata, a prescindere dall’umore, senza ricorrere a uno sforzo intenso o prolungato. Si può praticare in varie situazioni. Ogni volta che stai per compiere una certa azione cucinare, recarsi in ufficio, entrare in casa, sederti a tavola per mangiare, andare in giardino, fermati un attimo, e per tre respiri completi riprendi semplicemente il contatto con il tuo corpo e la tua mente.Ogni volta che “riprendi coscienza” per un attimo cioè che emergi dai pensieri e dalla distrazione formula l’intenzione di restare lì almeno per la durata di tre respiri completi. Porta la cognizione sull’ intera esperienza del momento, comunque essa sia. Se è ad esempio una condizione di impazienza, limitati a sentire la qualità intensa dell’esperienza del momento presente, inclusa l’impazienza, senza volerla cambiare. Abita solo l’esperienza per la durata di tre respiri completi.Ogni volta che ricadi in una delle tue solite abitudini compulsive, come fantasticare, navigare in internet o tenerti molto occupato, vieni a patto con l’io, stabilendo di tornare alla realtà solo per tre respiri, per poi essere disponibile a riprendere il comportamento abituale. Se ad esempio sei davanti al computer, passando distrattamente da una cosa all’altra e ingannando il tempo con attività compulsive. Se ti “svegli” per un attimo e ti accorgi di cosa stai facendo. Fermati e, per la durata di tre respiri completi, fai piena esperienza della compulsione. È un’esperienza fisica, che comporta un senso di accelerazione e di energia nel corpo. Ma non devi spezzare la compulsione, bensì sentire il disagio che motiva il comportamento compulsivo. Quando ti trovi nel mezzo di un’esperienza dolorosa e angosciosa, vieni a patti con le resistenze dell’io, dicendogli che starete con il disagio solo per la durata di tre respiri, dopodiché potrete decidere a cosa rivolgere l’attenzione. Il “patto” si può rinnovare più volte. Più entriamo volutamente in rapporto con questi attimi di sofferenza, più comprendiamo che rifiutare l’esperienza è più doloroso che sentirla appieno. Questi insegnamenti sono tratti dai monaci del monastero zen di Plum Village.
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I dolci tipici
La Pastiera è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana in cui si incrociano le tradizioni familiari e la scuola pasticcera classica. Secondo una antica leggenda, nasce quando una volta sulla spiaggia le mogli dei pescatori lasciarono nella notte delle ceste con ricotta, frutta candita, grano e uova e fiori d’arancio come offerte per il “Mare”, affinché questo lasciasse tornare i loro mariti sani e salvi a terra. Al mattino tornate in spiaggia per accogliere i loro coniugi notarono che durante la notte i flutti avevano mescolato gli ingredienti ed insieme agli uomini di ritorno, nelle loro ceste c’era una torta: la Pastiera. Sicuramente questo dolce, con il suo gusto classico poco zuccherino e rinfrescato dai fiori d’arancio, accompagnava le antiche feste pagane per celebrare il ritorno della Primavera: la ricotta addolcita è la trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche anche delle prime cerimonie cristiane. a cui si aggiungono il grano, augurio di ricchezza e fecondità e le uova, simbolo di vita nascente. L’acqua di fiori d’arancio è l’annuncio della Primavera. La versione odierna, fu messa a punto in un antico monastero napoletano rimasto ignoto. Comunque sia andata, ancor oggi sulla tavola pasquale dei napoletani questo dolce non può mancare. 