Superati i 40 anni bisognerebbe lavorare di meno: questi i risultati di uno studio condotto in Giappone, dopo aver analizzato le capacità cognitive di un gruppo di uomini e di donne australiani ed averle incrociate con le loro abitudini lavorative. Il risultato è stato chiaro: superando le 25 ore di lavoro a settimana, il cervello di un 40enne inizia ad essere meno efficiente. Ma questo non significa che il riposo assoluto faccia bene: neanche i disoccupati hanno ottenuto punteggi alti.I protagonisti dello studio sono stati sottoposti ad un test cognitivo sotto pressione e il risultato più alto è stato raggiunto da chi aveva lavorato 25 ore a settimana. I disoccupati hanno ottenuto punteggi dal 15 al 25% più bassi, seguiti a stretto giro da chi aveva lavorato più di 40 ore. A quanto pare lo stress e la fatica, fisica e psicologica, compromettono la funzionalità del cervello: questo significa che per sfruttare a pieno le proprie capacità cognitive bisognerebbe mantenere un equilibrio fra lavoro e vita privata, con 3 giorni a settimana in ufficio e il resto del tempo impegnato in altre attività. Lavorare tre giorni a settimana è un obiettivo abbastanza irreale: e lo stress per i quarantenni di oggi, una generazione che viene chiamata “sandwich” perchè si trova stretta fra la cura dei figli ancora piccoli e quella dei genitori già anziani, di certo non manca! Per aiutare il vostro cervello a riprendersi dallo sforzo delle 40 ore e più settimanali, di lavoro, vi consigliamo due bicchieri di vino oppure un bel pezzo di cioccolata: oppure, al limite, convincete il vostro capo a fare una pausa in ufficio magari difronte a un bel cesto di frutta fresca!
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La moda di costruire un eremitaggio e installarvi un eremita in carne e ossa
Oggi vorrei condividere con voi alcune note sulla storia del giardino, appresa da Breve storia della vita privata, un favoloso libro di Bill Bryson che consiglio caldamente a tutti gli interessati sulla storia della casa. Agli inizi del ‘700 sembra infatti che si diffuse la bizzarra arte di popolare i propri giardini, oltre che di strutture architettoniche, anche di strutture “umane”.
Per un certo periodo si diffuse la moda di costruire un eremitaggio e installarvi un eremita in carne e ossa. A Painshill, nel Surrey, un uomo firmò un contratto in cui, per un compenso annuale di cento sterline, si impegnava a trascorrere sette anni di pittoresco isolamento e silenzio monastico, ma venne licenziato dopo sole tre settimane per essere stato sorpreso a bere in un pub della zona. Un possidente del Lancashire offrì un vitalizio di cinquanta sterline annue a chiunque avesse trascorso sette anni in un alloggio sotterraneo nella sua proprietà senza tagliarsi i capelli o le unghie dei piedi e senza parlare con nessuno. Qualcuno accettò, e a dire il vero resistette quattro anni, prima di decidere di non poterne più; purtroppo non si sa se gli sia stata concessa almeno una pensione parziale per averci provato. La regina Carolina (quella del Serpentine di Hyde Park) e l’architetto William Kent costruirono un eremitaggio a Richmond in cui venne sistemato il poeta Stephen Duck; ma anche questo esperimento fallì, perché Duck decise che non gradiva il silenzio e gli sguardi dei curiosi e diede le dimissioni. Finì per diventare l’improbabile pastore di una chiesa di Byfleet, nel Surrey. Sfortunatamente sembra non fosse felice nemmeno lì (a quanto pare non era felice da nessuna parte) e si annegò nel Tamigi.
